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Ministro saudita: “Non è nostra intenzione danneggiare lo scisto USA”. Sul serio?

Pubblicato 14.04.2020, 16:12
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Ci saremmo aspettati che lo dicesse Donald Trump. Il presidente USA vuole essere visto come il salvatore di ogni cosa americana, dal lavoro al greggio. Ma sentire il Ministro dell’Energia saudita affermare che desidera vedere l’industria dello scisto USA prosperare rigogliosa, dopo aver cominciato solo un mese fa una campagna per distruggerla, è come sentire una tigre annunciare di essere diventata vegetariana.

Gli auguri per lo scisto da parte del principe Abdulaziz bin Salman sono stati resi noti lo stesso giorno in cui la U.S. Energy Information Administration è arrivata alla triste deduzione che l’industria della fratturazione idraulica, o “fracking” (il motore che ha fatto diventare l’America il produttore di greggio numero 1), subirà la perdita maggiore mai registrata questo mese.

Secondo l’EIA, la produzione derivante da fracking nei sette principali bacini USA scenderà di un totale record di 194.000 barili al giorno ad aprile, raggiungendo circa 8,7 milioni di barili al giorno, con i prezzi che continuano a registrare un crollo di oltre il 50% sull’anno.

Brent Futures Weekly Chart

Grafico settimanale future del Brent

La produzione di scisto scende da mesi. Ma il calo di aprile, seguito da un’altra riduzione di 183.000 barili al giorno stimata dall’EIA per maggio, sarà il risultato della domanda di greggio persa per via della pandemia di coronavirus e dell’esubero di scorte peggiorato dagli aumenti della produzione saudita.

Arraffare partecipazione di mercato

Questi incrementi dei sauditi avevano un solo obiettivo: strappare via la partecipazione di mercato ad esportatori russi ed USA.

L’offensiva saudita contro la Russia era intesa a punire il fatto che il Cremlino si fosse tirato indietro da un precedente accordo sul taglio della produzione a marzo, prima del grande accordo globale annunciato lo scorso fine settimana.

Nel caso dello scisto, la strategia era diversa. Si trattava di mettere fine ad un’industria che Riad non era riuscita a schiacciare durante il primo round del tonfo dei prezzi 2014-2016.

Ecco perché risulta particolarmente difficile mandare giù parole come “famiglia”, “prosperare” e “rigogliosa” se usate nelle stesse frasi con Russia e Stati Uniti dal principe Abdulaziz.

Durante un’intervista telefonica dopo il sudato accordo globale di domenica per il taglio di 9,7 milioni di barili al giorno a maggio e giugno, che prevede di proseguire con riduzioni minori fino all’aprile 2022, il ministro dell’energia saudita avrebbe affermato:

“Una famiglia resta una famiglia, e in casa e in famiglia ci sono spesso delle discussioni, ma restano tra le mura domestiche, non vengono portate in strada”.

Si riferiva alla Russia.

Rissa da strada

Ma, nella stessa frase, ha ammesso che Riad ha trasformato un bisticcio “di famiglia” in una “rissa da strada”.

“L’unica occasione in cui la discussione è stata portata in strada è stata 10 giorni fa”, ha dichiarato Abdulaziz in un estratto dell’intervista riprodotto dalla Energy Intelligence di New York. Alludeva al suo battibecco con il Presidente russo Vladimir Putin il 5 aprile che stava per far saltare l’accordo raggiunto domenica. Putin aveva commentato che erano stati i sauditi a fare i difficili durante le trattative OPEC di marzo con la Russia, affermazione che il principe non aveva preso di buon occhio.

“Ma, con questo senso di famiglia, la situazione alla fine ha avuto un finale molto più lieto del previsto”, ha continuato il ministro saudita nell’intervista. “Se non fosse stato per la seria collaborazione con i nostri amici in Russia, l’accordo non ci sarebbe stato”.

Il principe ha spiegato altrettanto tranquillamente la situazione statunitense.

“Ho espresso chiaramente che non era nei nostri piani né nelle nostre intenzioni creare qualsiasi tipo di danno alla loro industria”. “Sono dell’idea che, una volta stabilizzatosi il mercato e data la natura del petrolio da scisto e della relativa industria, loro riusciranno a riprendersi quando il mercato si riprenderà, e quando l’economia mondiale si riprenderà”.

“Perciò non nutro assolutamente alcun dubbio che, in futuro, risorgeranno nuovamente dalle loro ceneri e prospereranno rigogliosi. Come Arabia Saudita, auguriamo loro il meglio e non vediamo l’ora che ci sia una domanda di greggio maggiore. Penso che il mercato con una domanda maggiore sarà in grado di consentire ai produttori di scisto di prosperare rigogliosi”.

Il ministro saudita ha aggiunto che tutto questo è stato “ben spiegato” ai vari senatori USA con cui ha parlato sabato. Quello che non ha detto è che i senatori (Repubblicani dalla parte di Trump) avevano minacciato di rimuovere le truppe americane che proteggono l’Arabia Saudita e di applicare dazi sul greggio saudita importato dagli USA, a meno che, ovviamente, Riad non acconsentisse a ridurre l’esubero che aveva peggiorato sul mercato.

Non c’è alcuna prova che la minaccia dei senatori abbia influenzato la decisione saudita nel fine settimana.

“Gli USA non hanno mediato l’accordo”

Ma una cosa è stata chiara: Abdulaziz non aveva alcuna intenzione di far sembrare Trump il vincitore dell’accordo o la persona che lo ha reso possibile.

E questo era un aspetto particolarmente importante per non compromettere la sovranità saudita sulla questione, ossia per non creare l’impressione di aver ceduto alle pressioni americane. E, ancora più importante, doveva far sì che non si percepisse un’eventuale “debolezza” da parte di suo fratello minore, il potente principe ereditario Mohammad bin Salman, che Abdulaziz descrive come il suo “capo”.

“Gli Stati Uniti non hanno mediato l’accordo”, ha detto Abdulaziz.

“Gli Stati Uniti si sono fatti sentire per assicurarsi che avessimo un patto trilaterale. Non si è trattato di una mediazione di un accordo, come se non avessimo comunicato ed interagito con i nostri amici russi. Si è trattato di una situazione che richiedeva la partecipazione di Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti. Dovevamo fare noi il lavoro. Ciascuno di noi ha dovuto fare il proprio lavoro in base alle proprie circostanze nazionali”, ha affermato.

Tuttavia, per evitare che i sauditi sembrassero degli ingrati, il principe ha aggiunto: “Devo dire che siamo molto grati per il ruolo degli USA nel mettere insieme le persone”.

Tutti devono tagliare come promesso

È poi passato a ricordare a Trump le sue promesse di far scendere la produzione statunitense tra 2 e 3 milioni di barili al giorno.

“Non metto in dubbio quanto gli Stati Uniti faranno ed hanno promesso di fare”, ha dichiarato.

“Speriamo che la situazione migliori al punto da dover ridurre i tagli. Se non dovesse migliorare, valuteremo la situazione e vedremo se potremo estendere questi tagli, o cosa fare. La nostra speranza e il nostro desiderio è che la situazione migliori, e poi dovremo vedere che strada prendere. Una possibilità è quella di diminuire la riduzione”.

Ma lo scisto riuscirà a far scendere la produzione tanto drasticamente quanto si aspettano i sauditi ed il resto del settore?

A prima vista, sì. A parte il brusco calo della produzione di aprile-maggio previsto dall’EIA, il numero settimanale degli impianti di trivellazione attivi sarà un altro buon indicatore per capirlo.

I dati pubblicati ogni venerdì dal gruppo di settore Baker Hughes hanno mostrato un impressionante crollo di 179 impianti, pari al 26%, nelle ultime quattro settimane a 504 unità. Ma anche così il numero resta circa il 60% in più del minimo del maggio 2016 di 316.

Il numero di impianti continuerà a scendere

Molti analisti si aspettano che il calo del numero di impianti continui nelle prossime settimane con i trivellatori USA che implementeranno seri tagli delle spese in conto capitale. Si prevede che circa il 30% dei trivellatori vada in fallimento se il prezzo del greggio USA non dovesse riprendersi presto dai livelli di 20 dollari, avvertono gli analisti. E questo potrebbe essere un problema con la domanda persa per la pandemia di COVID-19 che dovrebbe essere pari a 30 milioni di barili al giorno, contro i 10 milioni di barili al giorno tagliati dal patto globale.

WTI Futures Weekly Chart

Grafico settimanale future WTI

Tuttavia, nei cali della produzione previsti dall’EIA troviamo un paradosso specifico dello scisto.

Malgrado le aspettative dell’EIA di una minore di produzione di scisto quest’anno, l’agenzia ha previsto una produzione al massimo storico di 13,1 milioni di barili al giorno per quanto riguarda la produzione petrolifera USA complessiva nelle stime settimanali pubblicate il 13 marzo.

Gli analisti collegano questa discrepanza all’efficienza del fracking in rapido miglioramento, che ora produce il triplo rispetto al 2014.

“Il settore upstream USA al momento utilizza 504 impianti in meno, pari al 68,7%, ma produce 3.525.000 barili al giorno (il 39,7%) in più rispetto all’ottobre 2014”, spiega in una nota di venerdì Dominick Chirichella, fondatore dell’Energy Management Institute a New York.

Lo scisto sopravvivrà

L’analista di Goldman Sachs Damien Courvalin in una nota del 31 marzo scrive che “la ferita e malconcia industria dello scisto USA uscirà vincitrice dal tonfo del greggio”.

“I pozzi ad alta pressione dello scisto ed i brevi tempi di trivellazione fanno sì che l’industria sia ben posizionata per essere avvantaggiata se l’attuale crollo del greggio dovesse causare un danno a lungo termine della capacità di produzione, comportando un balzo del prezzo quando tornerà la domanda”, aggiunge Courvalin.

Daniel Yergin, storico del greggio vincitore del Premio Pulitzer e vice presidente di IHS Markit Ltd., aggiunge una profonda osservazione in un’intervista a Bloomberg:

“Le compagnie vanno in bancarotta, ma le rocce no. Quando tutto sarà passato, ci saranno altre persone che sfrutteranno lo scisto”.

 

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