Nelle negoziazioni notturne l’USD ha ampliato le perdite, mettendo fine a un rally notevole partito dopo l’elezione di Trump.
Dopo aver testato quota 100,22 lunedì, l’indice del dollaro è tornato a 99,66 a Tokyo, perché gli investitori non hanno trovato motivazioni per far salire ulteriormente il biglietto verde.
La valuta giapponese ha fatto registrare l’andamento migliore nel comparto G10, salendo dello 0,45% contro l’USD, mentre il cambio USD/JPY scendeva a 107,90.
La coppia di valute sta testando un livello di resistenza chiave che si aggira intorno a 107,50-108 (massimi precedenti). Il consolidamento del dollaro può essere interpretato come una reazione sana visto che, alla fine, il rally del dollaro si è basato soprattutto sulle speculazioni di un aumento dell’inflazione dovuto alla nuova presidenza USA, che costringerebbe la Fed ad accelerare il ritmo del restringimento finanziario.
Tuttavia, non è cambiato nulla e servirà tempo per vedere i primi effetti della politica di Trump.
Anche la moneta unica ha trovato richieste migliori, l’EUR/USD ha recuperato lo 0,35% durante la seduta asiatica.
Oltre alle valute legate alle materie prime, che sono state oggetto di vendite significative, la moneta unica è stata fra le divise che hanno fatto registrare le prestazioni peggiori dalle elezioni presidenziali, perché gli investitori si sono concentrati sulla divergenza, potenzialmente in aumento, fra le politiche monetaria della Fed e della BCE. Il 2017 sarà un anno pericoloso per l’Unione Europea; in vista del prossimo anno, infatti, si moltiplicano i rischi politici (referendum italiano, elezioni politiche in Spagna, elezioni generali e presidenziali in Francia, elezioni politiche in Olanda ed elezioni del parlamento federale in Germania).
Martedì c’è stato un rally dei prezzi del Petrolio Greggio sulla scorta della diffusa debolezza dell’USD.
Stamattina il greggio West Texas Intermediate ha guadagnato il 2,20%, rimbalzando a 44,25 USD al barile dopo essere sceso a 42,40 USD, mentre il barometro internazionale, il Brent, è salito dell’1,75%, a 45,20 USD al barile.
La recente flessione dei prezzi del greggio non è dovuta soltanto alla recente forza del dollaro, ma anche allo sfumare delle aspettative sul prospettato accordo dell’OPEC alla riunione di novembre.
In Asia, stamattina i mercati azionari regionali mostrano un andamento disomogeneo. Il Nikkei giapponese cede un marginale 0,03%, mentre il più ampio indice Topix guadagnava lo 0,21%. L’Hang Seng di Hong Kong ha guadagnato lo 0,59%, il Taiex di Taiwan ha ceduto lo 0,10%. Nella Cina continentale, l’indice CSI 300 è rimasto piatto. Infine, i future sui listini europei puntano a un’apertura in rialzo.
Oggi gli operatori monitoreranno l’INDICE IPP in Danimarca; il rapporto sull’inflazione in Spagna, Svezia e Regno Unito; il PIL in Italia; il sondaggio ZEW in Germania; l’indice dei prezzi all’importazione, l’indice Empire sul manifatturiero e le vendite al dettaglio negli USA.