Investing.com – I futures del petrolio Greggio e Brent sono in forte calo nel corso della mattinata europea, estendendo le forti perdite della sessione precedente, nel corso della quale i deboli dati USA hanno alimentato i timori sulle prospettive economiche globali.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a luglio sono stati scambiati a 81,97 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dell’1,5%.
Precedentemente il prezzo era sceso dell’1,75%, a 81,50 dollari al barile, il minimo dal 6 ottobre 2011.
I prezzi energetici sono andati sotto pressione dopo i dati rilasciati venerdì dal Dipartimento del Lavoro, che hanno mostrato che l’economia ha aggiunto solo 69.000 posti di lavoro il mese scorso, contro le aspettative di un aumento di 150.000.
Il tasso di disoccupazione è salito all’8,2% dall’8,1%, il primo aumento negli ultimi 11 mesi.
Il numero di nuovi posti di lavoro creati ad aprile è sceso a 77.000 dalla stima originale di 115.000, mentre la crescita di marzo è stata rivista a 143.000 dalla stima precedente di 154.000.
I traders del petrolio hanno osservato attentamente il report mensile sull’occupazione USA, il principale indicatore dell’andamento del mercato del lavoro, che offre un punto di vista privilegiato sulla salute del principale consumatore di petrolio mondiale.
Intanto i dati ribassisti dalla Cina e dall’Europa hanno pesato sulle prospettive della domanda di greggio, ed hanno pesato ulteriormente sui prezzi energetici.
L’indice HSBC PMI cinese è sceso a 48,4 a maggio dal 49,3 di aprile, un segno che la seconda economia mondiale possa essere in rallentamento.
Un calo della domanda dalla nazione asiatica, la seconda potenza mondiale, inficerebbe la crescita mondiale, già altalenante per via delle misure di austerità UE.
L’attività manifatturiera della zona euro è scesa al passo più veloce degli ultimi 3 anni; l’indice PMI manifatturiero Markit è sceso al 45,1 a maggio dal 45,9 di aprile.
Intanto gli investitori continuano a monitorare gli sviluppi attorno alla situazione finanziaria iberica insieme ai timori di un’eventuale uscita della Grecia dalla zona euro.
Si teme che la crisi del debito sovrano della zona euro possa causare un ulteriore rallentamento che influenzerà la curva della domanda del petrolio.
La zona euro ha rappresentato il 12% del consumo globale di petrolio nel 2010, secondo i dati British Petroleum.
I prezzi del petrolio sono in calo in seguito alle elezioni del 6 maggio in Grecia, che hanno gettato nel dubbio il futuro del salvataggio internazionale, spingendo i timori per una possibile uscita della Grecia dalla zona euro.
I prezzi Nymex sono scesi quasi del 22% nelle ultime 5 settimane, il maggiore calo dalla settimana del 18 gennaio 2009. I prezzi hanno perso quasi il 26% da quando hanno toccato il picco intraday di 110,53 dollari al barile il 1° marzo.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a luglio sono scesi dell’1,4%, a 97,03 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 15,06 dollari al barile.
Stamane i prezzi Brent avevano toccato 96,63 dollari al barile, il minimo dal 26 gennaio 2011.
Il Greggio Brent scambiato a Londra ha perso questo mese il 17,5%, il maggiore calo da 2008. I prezzi sono scesi del 25% dal massimo intraday 128,38 toccato il 1° marzo.
Una perdita potenziale di forniture di petrolio iraniano ha contribuito a sostenere i forti aumenti dei prezzi del petrolio nella conclusione dello scorso anno e nel primo trimestre di quest’anno.
Ma i colloqui tra l’Iran le grandi potenze sulle ambizioni nucleari di Teheran, insieme all’aumento della produzione dell’Arabia Saudita e della Libia e dei segni di rallentamento della crescita economica statunitense e sull’occupazione, hanno spinto i prezzi del petrolio verso i massimi del primo trimestre.
Sul New York Mercantile Exchange, i futures del greggio con consegna a luglio sono stati scambiati a 81,97 dollari al barile, durante la mattinata europea, in calo dell’1,5%.
Precedentemente il prezzo era sceso dell’1,75%, a 81,50 dollari al barile, il minimo dal 6 ottobre 2011.
I prezzi energetici sono andati sotto pressione dopo i dati rilasciati venerdì dal Dipartimento del Lavoro, che hanno mostrato che l’economia ha aggiunto solo 69.000 posti di lavoro il mese scorso, contro le aspettative di un aumento di 150.000.
Il tasso di disoccupazione è salito all’8,2% dall’8,1%, il primo aumento negli ultimi 11 mesi.
Il numero di nuovi posti di lavoro creati ad aprile è sceso a 77.000 dalla stima originale di 115.000, mentre la crescita di marzo è stata rivista a 143.000 dalla stima precedente di 154.000.
I traders del petrolio hanno osservato attentamente il report mensile sull’occupazione USA, il principale indicatore dell’andamento del mercato del lavoro, che offre un punto di vista privilegiato sulla salute del principale consumatore di petrolio mondiale.
Intanto i dati ribassisti dalla Cina e dall’Europa hanno pesato sulle prospettive della domanda di greggio, ed hanno pesato ulteriormente sui prezzi energetici.
L’indice HSBC PMI cinese è sceso a 48,4 a maggio dal 49,3 di aprile, un segno che la seconda economia mondiale possa essere in rallentamento.
Un calo della domanda dalla nazione asiatica, la seconda potenza mondiale, inficerebbe la crescita mondiale, già altalenante per via delle misure di austerità UE.
L’attività manifatturiera della zona euro è scesa al passo più veloce degli ultimi 3 anni; l’indice PMI manifatturiero Markit è sceso al 45,1 a maggio dal 45,9 di aprile.
Intanto gli investitori continuano a monitorare gli sviluppi attorno alla situazione finanziaria iberica insieme ai timori di un’eventuale uscita della Grecia dalla zona euro.
Si teme che la crisi del debito sovrano della zona euro possa causare un ulteriore rallentamento che influenzerà la curva della domanda del petrolio.
La zona euro ha rappresentato il 12% del consumo globale di petrolio nel 2010, secondo i dati British Petroleum.
I prezzi del petrolio sono in calo in seguito alle elezioni del 6 maggio in Grecia, che hanno gettato nel dubbio il futuro del salvataggio internazionale, spingendo i timori per una possibile uscita della Grecia dalla zona euro.
I prezzi Nymex sono scesi quasi del 22% nelle ultime 5 settimane, il maggiore calo dalla settimana del 18 gennaio 2009. I prezzi hanno perso quasi il 26% da quando hanno toccato il picco intraday di 110,53 dollari al barile il 1° marzo.
Sull’ICE Futures Exchange, i futures sul petrolio Brent con consegna a luglio sono scesi dell’1,4%, a 97,03 dollari al barile, con lo spread tra i contratti Brent e quelli del greggio a 15,06 dollari al barile.
Stamane i prezzi Brent avevano toccato 96,63 dollari al barile, il minimo dal 26 gennaio 2011.
Il Greggio Brent scambiato a Londra ha perso questo mese il 17,5%, il maggiore calo da 2008. I prezzi sono scesi del 25% dal massimo intraday 128,38 toccato il 1° marzo.
Una perdita potenziale di forniture di petrolio iraniano ha contribuito a sostenere i forti aumenti dei prezzi del petrolio nella conclusione dello scorso anno e nel primo trimestre di quest’anno.
Ma i colloqui tra l’Iran le grandi potenze sulle ambizioni nucleari di Teheran, insieme all’aumento della produzione dell’Arabia Saudita e della Libia e dei segni di rallentamento della crescita economica statunitense e sull’occupazione, hanno spinto i prezzi del petrolio verso i massimi del primo trimestre.