Di Mauro Speranza
Investing.com - Il tema delle banche e della riforma del settore finanziario resta al centro delle trattative tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico per la nascita del nuovo governo che potrebbe arrivare nei prossimi giorni.
Riforma che viene citata tra i 20 punti punti che i pentastellati hanno messo sul tavolo delle trattative con le banche che occupano completamente il punto 9 del documento. Punto che propone “una riforma del sistema bancario che separi le banche di investimento dalle banche commerciali”.
Il punto era presente anche nel contratto di governo nel capitolo “tutela del risparmio”, prevedendo una separazione “sia per quanto riguarda la loro tipologia di attività sia per quanto riguarda i livelli di sorveglianza”.
Dei 20 punti presentati dal movimento, però, per il momento non c’è ancora certezza di quanti e quali verranno effettivamente valutati dagli iscritti. Sulla piattaforma Rousseau, infatti, viene specificato che “Il programma di governo negoziato con il Partito Democratico sarà consultabile online a partire dall’inizio del voto”, ovvero soltanto nella giornata di domani prima delle ore 9 quando si apriranno le ‘urne virtuali’.
Il voto, però, prevede solo un ‘No’ o un ‘Si’ (in questo ordine) ad un accordo di governo del PD e non sui punti programmatici.
I punti, dunque, potrebbero essere ancora tema di trattativa tra i due partiti di governi, comprendendo, ovviamente, anche il tema de banche.
Il programma di governo, infatti, dovrà quindi essere pronto per le 9 di domani e la trattativa, almeno a giudicare dalle indiscrezioni, non sembra ancora arrivata al punto di stilare un programma di governo.
Dall’altro lato, quello del PD, il tema non era presente nei 5 punti presentati ai pentastellati per intavolare la discussione, e non c’era traccia nel discorso che il segretario Nicola Zingaretti aveva tenuto nell’assemblea del partito che aveva dato luce verde all’accordo.
Proprio l’accordo con “l’ex nemico del PD”, che sul tema delle banche aveva visto un aspro confronto tra le due parti con insulti e accuse reciproche, sta provocando spaccature all’interno dei 5 Stelle.
“Se passa l’accordo col PD torno a fare il giornalista”. Sono le parole di Gianluigi Paragone, esponente di spicco dei 5 Stelle ed ex leghista. Secondo Paragone, “se si fa una maggioranza col Pd nessuno può contare più sulla mia disponibilità. È evidente che non potrei accettare di essere votato dalla Boschi. Anzi il fatto che il Pd voglia mettere la Boschi nella commissione è la prova che quel partito non è cambiato”.
Il nome di Maria Elena Boschi, infatti, è diventata il simbolo delle accuse dei 5 Stelle al PD in materia di banche, in quanto il padre aveva assunto dal 2011 al 2015 il ruolo di membro del Consiglio d’amministrazione di Banca Etruria, assumendone la vicepresidenza per otto mesi.
Boschi padre aveva ricevuto una multa da 144mila euro da parte di Banca d’Italia per aver violato una serie di norme sulle comunicazioni e sulla trasparenza dell’attività finanziaria della banca, e con il commissariamento era stato estromesso dal Cda della banca proprio dal governo Renzi di cui faceva parte sua figlia.
Mentre Banca Etruria navigava in mezzo a difficili acque economiche, Boschi avrebbe chiesto all’allora amministratore di Uncredit, Federico Ghizzoni, di valutare il possibile acquisto da parte dell’istituto milanese. La notizia era stata diffusa in un libro, senza citare fonti, da Ferruccio De Bortoli, il quale poi aveva anche corretto il tiro.
“Non ho parlato di pressioni della Boschi su Unicredit (MI:CRDI)”, ritrattava De Bortoli, “semplicemente ho riferito una notizia. Credo che un politico debba preoccuparsi di quello che succede a una banca, ma un conto è farlo, un conto è fare pressioni indebite e io non ho parlato di pressioni». Pochi giorni dopo De Bortoli aveva aggiunto: «Non c’è nulla di male nel fatto che un politico si occupi e si interessi del destino della banca del territorio da cui proviene. Mi sarei stupito del contrario”.
Comunque siano andati i fatti, Paragone resta tra i maggiori oppositori al governo ‘giallorosso’. “Se dovessi spiegare a un attivista 5 stelle l’accordo con il Pd”, dice Paragone, “non saprei farlo. Mi imporrebbe di guardarmi allo specchio e prendere le mie decisioni». Paragone poi ammette che se accordo ci sarà allora tornerà «a fare il giornalista”.
Prima della crisi, Paragone era il principale candidato a ricoprire il ruolo di Presidente della Commissione di inchiesta sul sistema bancario e finanziario. La girandola di trattative, però, potrebbe essere stato all’origine della decisione di far slittare l’avvio dei lavori della commissione, che aveva come primo ordine del giorno la nomina del Presidente.