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Cosa succederà ai colossi del tech cinesi dopo la stretta di Pechino?

Pubblicato 24.08.2021, 19:08
© Investing.com

Di Geoffrey Smith 

Investing.com - Gli investitori dei maggiori titoli tech cinesi, una volta schizzati alle stelle, sono rimasti gravemente scottati negli ultimi mesi.

Tuttavia, a coloro che si fissano sull’enorme distruzione di patrimonio (circa mille miliardi di dollari, secondo le stime) probabilmente sfugge il punto. Il settore Internet cinese cavalcava verso l’abisso, le valutazioni si erano staccate ancora di più dalla realtà rispetto ai corrispettivi USA, e i dati utilizzati per giustificare queste valutazioni dipendevano da una varietà di pratiche sleali che qualunque governo ragionevole avrebbe dovuto limitare tempo fa.

Il fatto che le misure che hanno innescato la caduta siano state annunciate dallo stesso governo che sta sopprimendo la democrazia ad Hong Kong, sta gestendo campi “rieducativi” a Xinjiang e sta cercando di prendere il controllo di alcune delle più importanti vie di navigazione al mondo, non le rende, in sé, sbagliate.

Prendiamo, ad esempio, il caso di Meituan, una società di consegne alimentari appoggiata da Tencent Holdings (OTC:TCEHY), che ha perso circa 60 miliardi di dollari di valore di mercato in soli due giorni dopo che l’ente nazionale per la regolamentazione dei mercati ha pubblicato un avviso per tutte queste società per assicurarsi che paghino almeno lo stipendio minimo locale. 60 miliardi di dollari. Solo perché gli è stato ricordato di rispettare la legge, niente di più.

O prendiamo la nuova bozza di regolamento sulla concorrenza, che mette fine alla dannosa abitudine, favorita da piattaforme integrate come Alibaba (NYSE:BABA) e Tencent, di costringere i commercianti esterni a contratti che negano loro qualunque scelta su altri posti in cui possono vendere i propri prodotti e su quali sistemi di pagamento utilizzare. Si tratta della legge antitrust 101 e chiunque abbia ancora lacrime da versare può farlo per coloro a cui sono state negate occasioni di crescita nell’ultimo decennio dagli oligarchi del cyber-spazio cinese.

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La relativa assenza di regolamentazioni su Internet (a parte la liberà di parola) ha consentito ad alcune potenti, e in ultima analisi fuorvianti, idee sul potere di utili del settore di prendere piede. Queste sono state amplificate dalla pandemia che, in Cina come altrove, ha accelerato i trend a lungo termine verso l’attività online di ogni tipo. Di conseguenza, l’indice NASDAQ Golden Dragon index, che comprende la maggior parte dei titoli tech cinesi di alto profilo quotati negli USA, è più che raddoppiato tra la fine del 2019 e la metà del 2021.

Persino ora, segna ancora un rialzo dall’inizio del 2020, sebbene ci siano probabilmente modi meno traumatici di guadagnare il 10% in 18 mesi, persino nell’attuale contesto di tassi bassi.

Facendo un passo indietro, si vede come tutto quello che è successo negli ultimi due mesi sia stato per eliminare la schiuma da un settore sopravvalutato ma ancora con molto valore. Ne consegue che, come Cathie Wood ed una serie di investitori cinesi nelle ultime 48 ore hanno già capito, il settore ora è un posto molto più salutare in cui investire.

E qualcuno nel settore è d’accordo. Xu Lei, a capo del più grande mercato online cinese JD (NASDAQ:JD).com, ha riferito agli analisti in una chiamata lunedì: “Crediamo che gli obiettivi regolatori siano favorevoli per la crescita a lungo termine dell’attività di JD. Finora, la nostra attività mantiene una crescita stabile, impegnandosi a rispettare politiche di conformità migliori”.

Sicuramente, le norme stanno colpendo alcune società più di altre. Non c’è un modo positivo (almeno per gli azionisti) di mandare giù una legge che richiede a tutte le società di formazione online di diventare no-profit. E l’annuncio di Pinduoduo (NASDAQ:PDD) martedì che dedicherà i suoi primi 10 miliardi di yuan di profitti agli agricoltori cinesi dimostra che la minaccia di una ridistribuzione della ricchezza emersa da un discorso di Xi durante un vertice governativo della scorsa settimana dovrebbe essere messa in conto nei calcoli di rischi e ritorni degli investitori.

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Soprattutto, il rischio a medio termine più grande di tutti per gli investitori degli ADR cinesi esiste ancora. La crescente distanza tra USA e Cina sta già rendendo difficile alle società cinesi soddisfare i regolatori di entrambi i paesi. Il rischio è che uno o l’altro facciano pressioni su alcune compagnie per lasciare la quotazione di New York, un processo che potrebbe comportare ingenti perdite per gli investitori statunitensi.

Molto dipenderà da quanto in là dovrà spingersi Pechino per esercitare quel livello di controllo sugli imprenditori Internet che la dottrina ufficiale (espressa da Xi in due discorsi chiave nel 2019 e all’inizio di quest’anno) insiste che debba avere.

Una situazione pressoché simile, relativamente recente, è illuminante. Quando Vladimir Putin asseriva il controllo sugli oligarchi del suo paese all’inizio degli anni Duemila, è bastato l’esempio di Mikhail Khodorkovsky a convincere il resto della classe che la cosa più intelligente da fare era sottomettersi politicamente e continuare a sfruttare le loro galline dalle uova d’oro. L’umiliazione di Jack Ma di Alibaba, il maschio alfa tra i tycoon di Internet in Cina, probabilmente avrà un effetto simile. Sono pochi i magnati che scelgono la prigione al profitto per una questione di orgoglio o di principio.

Ultimi commenti

alla fine tutti amici e piu’ ricchi di prima …. 🍾
quella del delisting è un assurdità..
c'è sempre formosa in mezzo i cinesi la vogliono
quante eresie...
Caro Geoffrey, apprendo che sai tutto o quasi, una domanda: perché non ce l'hai detto prima??
Se si trattava di schiuma come mai le autorità di controllo della borsa americana non sono intervenute prima ?
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