Con l’ulteriore incognita dell’esito delle elezioni presidenziali americane, il 2024 si preannuncia un altro anno all’insegna dell’incertezza per gli investitori. Ma, secondo T. Rowe Price, non mancheranno le occasioni, soprattutto nel reddito fisso.
A differenza di quanto accadrà in Europa, che è già in recessione o sul punto di entrarci, T. Rowe Price è meno incline a prevedere quale potrebbe essere lo scenario economico per gli Stati Uniti perché potrebbe andare da un “hard landing”, attraverso un “soft landing” fino a un “no landing”.
“Gli effetti distorsivi derivanti da 15 anni di quantitative easing e dalla pandemia rendono difficile fare previsioni. Se è vero che si è sempre parlato di recessione a seguito dell’inversione della curva dei rendimenti, come quella statunitense, e al termine di un ciclo di rialzi del costo del denaro, come quello portato avanti dalla Federal Reserve, l’economia Usa mostra diversi segnali di resilienza: dal tasso di disoccupazione (al 3,9% a fine ottobre), alla crescita del PIL (4,9% nel terzo trimestre)”, commentano gli esperti.
Data la stretta relazione fra disoccupazione e recessione, il mercato del lavoro sarà l’osservato speciale per cogliere qualsiasi segnale di un rallentamento dell’economia più pronunciato negli Stati Uniti.
“Le elezioni per il prossimo presidente degli Stati Uniti rappresentano un’altra fonte di incertezza per lo scenario globale nel 2024” – osserva Yoram Lustig, head of multi-asset solutions Emea & Latam. “È probabile che questo evento metta sotto pressione alcuni membri della Federal Reserve affinché provino ad evitare una recessione nell’anno delle elezioni, anche perché gli Stati Uniti si trovano già alle prese con il downgrade del debito e con un deficit in esplosione” – conclude Lustig.
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L’inflazione resta un rischio
L’inflazione rimane un elemento di attenzione - come conferma la retorica ancora leggermente “falco” delle banche centrali - e T. Rowe Price si aspetta che resti un rischio per tutto il 2024. L’inflazione negli Stati Uniti, attualmente intorno al 3,2%, resta infatti su livelli piuttosto elevati. I prezzi al consumo core, cioè depurati delle componenti volatili di energia e alimentari, si sono attenuati negli Stati Uniti, mentre quelli headline sono scesi velocemente a causa del calo del prezzo del petrolio. Ma la discesa dell’inflazione core non è stata invece altrettanto rapida in Europa, dove i prezzi fanno più fatica a ridimensionarsi per la componente più esuberante dei servizi.
“Per questi motivi teniamo sott’occhio i prezzi del petrolio che continuano a influenzare i CPI direttamente e indirettamente, perché rientrano nei costi di produzione e di viaggio, per esempio – aggiunge Yoram Lustig –i prezzi dell’energia, più in generale, potrebbero risalire nel caso di un inverno particolarmente freddo o dell’acuirsi delle tensioni in Medio Oriente”.
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Le banche centrali potrebbero deludere
In un simile contesto T. Rowe Price si aspetta che le banche centrali potrebbero iniziare a tagliare il costo del denaro l’anno prossimo, anche se non così presto come stanno attualmente scontando i mercati.
“Le banche centrali hanno una credibilità da difendere e non possono correre il rischio di dichiarare vinta la battaglia contro l’inflazione e ridurre i tassi di interesse troppo presto”, sottolinea Lustig.
Il mercato secondo il gestore potrebbe allora rimanere deluso e l’impatto di tassi più elevati più a lungo potrebbe frenare ulteriormente l’economia. Il tutto in un contesto completamente nuovo di passaggio dal quantitative easing al quantitative tightening, che potrebbe avere dei risvolti imprevedibili.
Nel confronto fra le due sponde dell’Atlantico T. Rowe Price si aspetta che la Federal Reserve sarà la prima a intervenire sul costo del denaro perché l’inflazione dovrebbe scendere prima qui che altrove: questo potrebbe pesare sul dollaro. Tatticamente, al momento, T. Rowe Price sottopesa il biglietto verde rispetto alle altre valute ed è molto positiva sullo yen.
L’azionario soffre la concorrenza del reddito fisso
In vista del 2024 T. Rowe Price ha ridotto il sovrappeso in liquidità per diventare più positiva sull’azionario e adotta una posizione neutrale su tutte le tre principali asset class, complice il persistere di un’elevata incertezza.
La volatilità si è certamente ridotta sui mercati azionari, che, dopo il rally di novembre, sembrano essere forse leggermente troppo ottimisti per il futuro.
T. Rowe Price ritiene infatti che l’azionario, nel breve termine, soffrirà la concorrenza del reddito fisso, innanzitutto di titoli di stato come i Btp italiani che, al momento, sono molto a sconto e rendono il 4-4,5%. Se le valutazioni si comprimessero, sarebbe invece il momento di aumentare l’esposizione alle borse.
Il peggio del reddito fisso per gli analisti è probabilmente alle spalle che ritengono sia giunta l’ora di considerare di prendere posizione sui governativi. Ma la correlazione fra equity e bond è importante per il ruolo che giocano nei portafogli. “Il Btp italiano, per esempio, non è l’ideale per diversificare il rischio azionario perché i governativi italiani soffrono come le borse quando c’è un momento di mercato risk-off”, osserva Lustig. “Altri mercati governativi, come quelli di Stati Uniti e Germania, possono avere una correlazione negativa con le Borse in momenti di stress, quando la diversificazione è più importante”.
Borse europee meno interessanti, puntare su Tokyo
“Più in generale, per l’investitore europeo sarebbe un errore non investire a livello internazionale, sia sull’obbligazionario sia sull’azionario”, precisano da T. Rowe Price che afferma di essere sottopesata sulle borse europee. Le ragioni sono diverse: “da un lato, l’economia della zona euro è già in recessione o sul punto di entrarvi e la Bce si trova a dover far fronte ad un potenziale rischio di stagflazione in un’area dove la contemporanea presenza di paesi più deboli e di paesi più forti rende più difficile avere un tasso appropriato per tutti. Dall’altro le valutazioni sono poco attraenti e rendono più appetibili altri mercati come, per esempio, Stati Uniti e Giappone”,
precisa T. Rowe Price che nel paese del Sol Levante si aspetta un cambiamento della politica monetaria. “Questo imprimerà slancio allo yen, ma è improbabile che abbia un impatto negativo nell’immediato sulla Borsa di Tokyo, composta soprattutto da società esportatrici”, aggiungono gli analisti.
A Wall Street, invece, il gestore vede condizioni favorevoli sia per le small cap, trascurate nell’ultimo anno e che oggi presentano valutazioni attraenti, sia per lo stile growth con le grandi capitalizzazioni rispetto a quello value.
“Non vogliamo andare contro il trend dell’AI e delle magnifiche sette perché ci aspettiamo che continueranno a fare bene l’anno prossimo”, osserva Lustig.
Sulla Cina, poi, T. Rowe Price non vuole prendere una posizione in sovrappeso perché la crescita dopo la pandemia è stata deludente e permangono problemi nel settore immobiliare. “La view non è tuttavia negativa se si allunga l’orizzonte al lungo termine: per questo motivo – spiegano - il posizionamento è attualmente neutrale”.
Opportunità nell’high yield globale
L’Europa torna ad essere un’area interessante quando si tratta di investire in credito. T. Rowe Price sovrappesa le emissioni societarie investment grade del Vecchio Continente e punta su quelle ad alto rendimento globali, accanto ai governativi dei mercati emergenti sia in valuta forte che locale.
“Se, come ci aspettiamo, non finiremo in una recessione profonda, i tassi di default non dovrebbero salire in maniera significativa e quindi l’high yield è una asset class molto interessante che offre rendimenti elevati con un rischio inferiore rispetto a quello dei mercati azionari”, commenta Lustig.
“Restando nel fixed income - concludono da T. Rowe Price -, sottopesiamo leggermente i titoli di stato, ma manteniamo nel complesso una duration neutrale rispetto al benchmark, perché ci aspettiamo che i rendimenti resteranno in trading range nei prossimi mesi”.