Negli Stati Uniti non si licenzia e non si assume

Pubblicato 09.01.2025, 08:30
Aggiornato 09.01.2025, 09:05
© Reuters.  Negli Stati Uniti non si licenzia e non si assume
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OraFinanza - La borsa degli Stati Uniti ha dato l’impressione ieri, di voler anticipare la chiusura straordinaria di oggi per il funerale di Stato dell’ex presidente Jimmy Carter. Il Dow Jones ha chiuso in rialzo di 107 punti, pari allo 0,3%, mentre lo S&P 500 è salito dello 0,2%. Il Nasdaq Composite ha perso lo 0,1%.

L'andamento contrastato è da imputare ai segnali poco chiari provenienti dal mercato del lavoro: il numero di americani che hanno richiesto nuovi sussidi di disoccupazione è sceso ai minimi da 11 mesi nella prima settimana del 2025. Ma anche se i licenziamenti sembrano rimanere bassi, la prima misura delle assunzioni di dicembre è stata più debole del previsto. L'indagine ADP ha mostrato che i datori di lavoro privati hanno aggiunto solo 122.000 posti di lavoro a dicembre, al di sotto dei 135.000 previsti. Si tratta inoltre di un rallentamento rispetto al tasso di 146.000 nuovi posti di lavoro di novembre.

Nancy Vanden Houten, economista capo di Oxford Economics, ha detto a Barron’s che gli Stati Uniti si trovano nel bel mezzo di un mercato del lavoro "senza licenziamenti e senza assunzioni”. A suo avviso, il rapporto sui posti di lavoro di domani sarà coerente con gli ultimi messaggi di prudenza sull’allentamento monetario arrivati dalla Federal Reserve. Vanden Houten si aspetta un solido aumento delle buste paga non agricole di 185.000 unità, superiore all'attuale consenso di 153.000 di FactSet.

I banchieri centrali degli Stati Uniti sono preoccupati dell'impatto delle politiche di Donald Trump sull’inflazione e segnalano che potrebbe esserci un rallentamento nel taglio dei tassi d'interesse nel 2025 a causa di questa incertezza. Senza citare direttamente il presidente eletto, i membri del Federal Open Market Committee, hanno menzionato i settori in cui i cambiamenti della prossima amministrazione potrebbero influire negativamente sull'inflazione, in particolare immigrazione e commercio. Tutto questo, emerge dai verbali relativi all’ultimo incontro - terminato il 18 dicembre - dell’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria.

"Quasi tutti i partecipanti ritengono che i rischi al rialzo per le prospettive d'inflazione siano aumentati”, si legge nelle minute del meeting. Emerge inoltre che "alcuni partecipanti" si erano espressi a favore del mantenimento dei tassi invariati, anziché tagliarli.

Il mese scorso, la Banca centrale statunitense ha deciso - con 11 voti a favore e uno contrario - di tagliare i tassi d'interesse di 25 punti base al 4,25%-4,50%. Si è trattato del terzo taglio consecutivo, il secondo di 25 punti base dopo la riduzione di mezzo punto percentuale di settembre. I tassi d'interesse erano stati abbassati allo 0-0,25%, nel marzo del 2020, per combattere gli effetti negativi della pandemia di coronavirus sull'economia statunitense, e poi progressivamente alzati. Dal marzo 2022, si erano susseguiti 11 rialzi dei tassi in 16 mesi, fino a raggiungere il 5,25%-5,50% - il livello più alto dal 2001 - dove erano stati mantenuti per 14 mesi.

A pochi giorni dalla fine del suo termine alla Casa Bianca, Joe Biden lavora su ulteriori restrizioni all'esportazione di chip per l'intelligenza artificiale. Bloomberg riporta stamattina che gli Stati Uniti vogliono limitare la vendita di questi apparati, sia a livello di paese che di azienda, con l'obiettivo di concentrare lo sviluppo dell'intelligenza artificiale in nazioni amiche e di indurre le aziende di tutto il mondo ad allinearsi agli standard americani. Il risultato sarebbe un'espansione delle restrizioni sul commercio di semiconduttori alla maggior parte del mondo, un tentativo di controllare la diffusione della tecnologia AI in un momento di crescente domanda. Le normative, che potrebbero essere emanate entro venerdì, creerebbero tre livelli di restrizioni sui chip. Al livello più alto, un piccolo numero di alleati statunitensi manterrebbe un accesso sostanzialmente illimitato ai chip americani. Un gruppo di avversari, invece, verrebbe effettivamente bloccato dall'importazione dei semiconduttori. E la stragrande maggioranza del mondo si troverebbe di fronte a limiti sulla potenza di calcolo totale che può essere destinata a un singolo paese.

Le borse dovrebbero aprire in lieve ribasso, future del Dax di Francoforte -0,1%. Ieri il Ftse Mib di Milano ha chiuso in rialzo dello 0,5%.

L’euro è alla terza seduta consecutiva di debolezza su dollaro, a 1,030. Cade sui minimi da aprile la sterlina, a 0,812 su dollaro. Il tasso di rendimento del bond decennale della Gran Bretagna è salito ieri di dodici punti base a 4,81%, un livello che non si vedeva dal 2008. Crescono i timori sulla tenuta dei conti pubblici del Regno Unito e si intensificano in modo indiscriminato le vendite sui gilt.

Chi compra oggi l’S&P500 di Wall Street, deve sapere che sta pagando prezzi alti, il Cyclically Adjusted PE (CAPE) Ratio elaborato dall’economista premio Nobel, Robert Shiller negli anni ottanta, era a 38 alla fine di novembre del 2024 , oltre il doppio rispetto alla sua media di lungo termine. Lo strumento basato sugli utili aziendali medi degli ultimi 10 anni corretti per l’inflazione, negli ultimi 30 anni è 28, oltre un terzo sotto il valore attuale. L’invito alla cautela è contenuto in una nota di previsioni sul 2025 firmata da Amadeo Alentorn, portfolio manager del Merian Global Equity Absolute Return Fund di Jupiter AM.

Le valutazioni sono eccessive perché c’è un poco sensato, ma molto umano, eccesso di ottimismo. La finanza e l’economia hanno lasciato il posto alla psicologia, anzi, alle credenze.

Alentorn chiama in causa ancora Shiller e nega che tutte le informazioni di mercato siano contenute nei prezzi, si tratta, a suo avviso di un’immagine iper-razionale. Il mondo reale è fatto di prezzi che incorporano gli errori psicologici dei partecipanti al mercato. “Ad esempio, è stato dimostrato che gli investitori tendono ad acquistare maggiormente quei titoli di cui si parla ai notiziari, che hanno alti volumi di scambi e rendimenti giornalieri estremi. Ed è stato anche dimostrato che le aziende statunitensi che nei loro nomi avevano le parole “America(no/a)” o “USA” generavano rendimenti positivi di circa il 6% all’anno nel corso della Seconda guerra mondiale, la guerra di Corea e dopo l’11 settembre 2001”, si legge nella nota.

In aggiunta al rischio di un eccesso di ottimismo, c’è il rischio concentrazione. “L’investitore che acquista un ETF che replica l’S&P 500 sta destinando circa un terzo del suo denaro a soli sette dei 500 titoli che compongono l’indice. I magnifici sette (NVIDIA, Apple (NASDAQ:AAPL), Microsoft (NASDAQ:MSFT), Alphabet (NASDAQ:GOOGL), Amazon (NASDAQ:AMZN), Meta e Tesla (NASDAQ:TSLA)) arrivano a quasi un terzo della capitalizzazione di mercato dell’indice. Un simile investitore si sta quindi esponendo ai titoli tecnologici, così come allo stile di investimento growth”.

In Asia Pacifico, scende la borsa di Tokyo e si ferma la discesa dello yen. L’indice Nikkei perde l’1% nel giorno della pubblicazione dei dati sui salari base in Giappone.

Sulla parità i mercato azionari della Cina.

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