ABUJA (Reuters) - Amnesty International accusa i gruppi petroliferi Shell ed Eni (MI:ENI) di negligenza nel far fronte agli sversamenti di greggio in Nigeria.
Definendola come "seria negligenza", Amnesty spiega che i gruppi "ci mettono settimane per rispondere alle segnalazioni delle fuoriuscite e pubblicano informazioni fuorvianti sulle cause e la gravità di questi sversamenti, che possono avere come effetto che le comunità non ricevano le compensazioni dovute".
Un portavoce di Shell ha detto che le accuse di Amnesty "sono false, senza valore e non riconoscono la complessità dell'ambiente in cui i gruppi si trovano ad operare". Eni non ha commentato.
Shell ed Eni sono due dei gruppi più attivi nella regione del Delta del Niger da decenni.
La regione che produce greggio è una zona disastrata dal punto di vista ecologico dopo decenni di sversamenti.
Tuttavia le operazioni di pulizia e le compensazioni associate sono molto controverse, con alcune comunità locali che hanno anche bloccato l'accesso alle squadre ai luoghi in cui ci sono state le fuoriuscite, provocando così un peggioramento del danno, nella speranza di avere una maggiore compensazione.
Secondo la legge nigeriana, le società devono recarsi sul posto entro 24 ore dalla segnalazione dello sversamento. Amnesty ha detto che in un caso Eni ci ha messo più di un anno per agire nello stato Bayelsa.
Mentre i gruppi petroliferi spesso ritengono che gli sversamenti siano conseguenza di sabotaggi e furti, gli abitanti del posto li attribuiscono ad altre cause, come la corrosione.
Shell ha segnalato 1.010 sversamenti dal 2011, Eni 820 dal 2014, secondo Amnesty. Tra queste 1.830 segnalazioni sono state trovate 89 "per le quali ci sono ragionevoli dubbi riguardo le cause denunciate dai gruppi petroliferi".
Nel 2015 la comunità Bodo e uno studio legale britannico hanno negoziato una transazione da 55 milioni di sterline con Shell.
Il Natural Resource Governance Institute, un gruppo non profit che consiglia i paesi su come gestire il greggio, il gas e le risorse minerarie, ha riconosciuto che ci sono difficoltà da entrambi i lati.
"Non c'è un buono qui, tutti sono un po' cattivi. Sono sicuro che i gruppi non fanno tutto quello che possono per arrivare a quei luoghi. Ma ci sono anche lamentele genuine e vere difficoltà nel relazionarsi con queste comunità", spiega Aaron Sayne, dell'istituto. "Quando gli sversamenti diventano un'opportunità per fare soldi, ripulire diventa davvero difficile".