di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - La campagna referendaria per modificare la Costituzione sta per chiudersi con l'apertura delle urne domenica alle 7 e con una elevata percentuale di italiani che ancora deve decidere se andare e come votare.
La riforma riduce il ruolo del Senato e i poteri delle Regioni su alcune materie. Chi la propone dice che aumenterà la stabilità del governo e accelererà l'approvazione delle leggi. Chi la critica dice che mette a rischio l'equilibrio tra i poteri dello Stato e riduce la democrazia.
L'incertezza sull'esito del voto, a cui è appeso il destino del governo di Matteo Renzi, sta pesando anche sui mercati finanziari italiani e grava sul lancio, tra pochi giorni, del decisivo aumento di capitale del Monte dei Paschi.
Ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha detto che un'eventuale vittoria del no renderebbe più difficile per le banche raccogliere capitale sul mercato.
La Bce sarebbe pronta a intervenire per calmierare eventuali bufere sul mercato mentre "colossali" scommesse al ribasso sull'Italia segnalano l'attesa dei mercati che vincano i no alla riforma.
Renzi non ha chiarito fino in fondo se rimetterà in quel caso il suo mandato ma crescono le pressioni, in Italia e all'estero, perché resti a Palazzo Chigi. Vi era giunto nel febbraio 2014 scalzando il suo compagno di partito Enrico Letta, che accusava di essere troppo "lento". Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha detto che Renzi si dimetterà se perde.
TIMORI PER LA STABILITÀ
Un sondaggio Reuters tra gli analisti diffuso la scorsa settimana indica reazioni contenute in caso di prevalenza del no.
Lo spread tra Btp e Bund si è allargato ma su valori non paragonabili a quelli del novembre 2011, quando toccò 574 punti, contribuendo alla fine del governo di Silvio Berlusconi. Il rischio che l'Italia possa uscire dall'euro non si era mai visto a livelli così alti da quattro anni, secondo l'indagine Sentix, anche se ben sotto la soglia di pericolo.
TRA REINCARICO E GOVERNO TECNICO
"Il referendum non è sul governo", è il mantra ripetuto di Renzi, impegnato in un tour de force tra comizi, trasmissioni tv, interviste alla radio e sessioni sui social media.
Dopo aver annunciato improvvidamente mesi fa un ritiro dalla politica in caso di sconfitta, ora il più giovane premier della storia repubblicana dice che il suo destino personale non è importante. Ma diversi suoi ministri hanno chiesto che resti in ogni caso, come aveva fatto il presidente uscente degli Stati Uniti, Barack Obama.
Renzi, che ha contro anche una parte del suo stesso partito, ha escluso di voler partecipare a un esecutivo tecnico, volendo governare solo finché può "cambiare le cose", ha detto.
Contando su una vasta maggioranza alla Camera e dell'appoggio di una pattuglia di ex parlamentari del centrodestra, potrebbe allora decidere di dimettersi per ottenere dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella un nuovo incarico, attuando anche un rimpasto di ministri.
In alternativa Renzi può lasciare il posto a un esponente fidato. Determinante sarà la percentuale raccolta dal sì.
Fino a due settimane fa i sondaggi (la diffusione è vietata negli ultimi quindici giorni prima del voto) hanno mostrato il no in netto vantaggio, ma l'alta quota di indecisi e i dubbi sull'affidabilità delle rilevazioni lasciano spazi alla rimonta del sì. Secondo Renzi, un'alta affluenza al voto lo favorirebbe. Peserà anche il voto degli italiani all'estero, che sembrerebbe superiore alle politiche del 2013, e quanta gente andrà a votare nelle regioni del Sud, dove il no è più forte nei sondaggi ma la partecipazione al voto è tradizionalmente minore.
In caso di successo, per vedere gli effetti del referendum bisognerebbe aspettare la fine della legislatura, nella primavera 2018.
LEGGE ELETTORALE ED ELEZIONI
Che vinca o perda, ha promesso Renzi, cambierà la legge elettorale, il cosiddetto Italicum, con un forte premio maggioritario che oggi porterebbe alla vittoria il M5s.
Molti ritengono che in ogni caso verrebbero anticipate al 2017 anche le elezioni politiche. Lo chiederebbero le opposizioni se vincesse il no e potrebbe volerle Renzi se vincesse il sì, per attuare al più presto la riforma e consolidare il successo politico. In questo caso il premier potrebbe dimettersi dopo il referendum per varare un esecutivo forte con cui prepararsi alle elezioni. Oggi però Renzi ha parlato di "retroscena fantapolitici".