Tensioni Serbia-Kosovo, premier Kurti: "Rischio guerra alto, dietro c'è Putin"

Pubblicato 08.08.2022, 15:43
Aggiornato 08.08.2022, 16:13
© Reuters.

Di Alessandro Albano 

Investing.com - In un'intervista rilasciata a La Repubblica, il premier del Kosovo Albin Kurti, leader socialdemocratico, ha avvertito del rischio "alto" di un conflitto con la Serbia, Paese molto vicino alla Russia, e delle possibili interferenze di Mosca sulle scelte di Belgrado. 

"Il rischio che scoppi un nuovo conflitto tra Kosovo e Serbia è alto. Sarei un irresponsabile se dicessi il contrario, soprattutto dopo che il mondo ha visto cosa ha fatto la Russia con l’Ucraina", ha affermato il premier kosovaro al quotidiano, aggiungendo che la situazione "è cambiata" dopo il 24 febbraio scorso. 

A preoccupare Prishtina sono i rapporto molto stretti tra il premier serbo Aleksandar Vucic e il presidente Putin, i quali si sono incontrati a Sochi per la 19esima volta in pochi mesi. "In media si vedono due volte all’anno", racconta Kurti, "non è normale per dei leader di governo. In quell’occasione Vucic ha poi detto: “Abbiamo parlato di doppi standard e delle ipocrisie nelle relazioni internazionali. Putin ne è consapevole. Io gli ho mostrato il Nord del Kosovo sulla mappa”.

Il premier del Kosovo ha poi evidenziato le attività militari nella regione. "Lo scorso anno hanno pianificato 91 esercitazioni militari congiunte e ne hanno fatte 104", ha sottolineato Kurti, precisando poi che "dall’agosto del 2001 la Serbia ha installato attorno al Kosovo 48 basi operative avanzate, 28 dell’esercito e 20 della gendarmeria. I veterani serbi sono diventati tutti pro-Russia. Come dire: il pericolo c’è e lo avvertiamo". 

Le tensioni sono (ri)esplose lo scorso settembre  in seguito alla cosiddetta "crisi delle targhe", dovuta alla scelta di Kurti di voler introdurre targhe temporanee per i serbi che entrano in Kosovo. "Una misura nell’ottica della reciprocità" ha detto Kurti nell'intervista, ma che ha colto di sorpresa anche gli Stati Uniti di sorpresa, tanto che il segretario di Stato americano Antony Blinken ha chiesto di ritardare di un mese l’entrata in vigore della misura facendo rientrare momentaneamente la crisi. 

Nella terza settimana di agosto ci sarà un incontro a Bruxelles tra i rappresentanti di Prishtina e i serbi su aspetti generali delle relazioni Kosovo-Serbia, anche se Kurti non sembra cambiare posizione: "Convertire le targhe introdotte da Milosevic è una decisione del mio governo. Hanno due mesi di tempo".

"Per le poche ore in cui è stata in vigore la misura - spiega in seguito il premier Kosovaro - nei valichi di confine rimasti aperti ne sono stati dati 2.679 senza incidenti. Ecco perchè hanno dovuto chiamare qualcuno per le barricate: la protesta non si è generata spontaneamente dal basso, è stata organizzata da Belgrado e supportata dalla Russia". 

Non aiuta l'intenzione di Prishtina di entrare a far parte della Nato, già presente nella regione con la Kfor (forza militare internazionale di 3.800 soldati), e che si è detta “pronta a intervenire qualora la stabilità nella regione venisse messa a rischio”. 

"L’ingresso nella Nato contribuiranno a mantenere una pace duratura. Il nostro orientamento è trasparente. Ed è basato su valori euroatlantici", ha detto in conclusione Kurti a La Repubblica. 

Tuttavia, secondo una lettura offerta da Daniele Santoro sulla rivista Limes, se proprio c'è un promotore esterno nell'escalation la Cina "è un indiziato molto più realistico della Russia", visto che Pechino si sta "gradualmente affermando quale principale partner di Belgrado, non solo sotto il profilo commerciale ma anche in termini culturali e militari". 

Kurti, ha scritto l'analista geopolitico, sembra ignorare che i vertici del potere russo hanno ormai di fatto accettato l’indipendenza del suo paese, con Putin che "ha cercato di legittimare il riconoscimento delle Repubblica Popolari di Donec’k e Luhans’k appoggiandosi proprio al precedente kosovaro, gelando il partner serbo".

E' la crescente aggressività di Washington che, secondo l'esperto di Limes, "rischia di far (ri)esplodere la bomba balcanica". 

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