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Al rientro degli operatori dal ponte pasquale, l’USD inverte le perdite

Pubblicato 29.03.2016, 11:23
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Ieri, all’avvio della seduta americana, il dollaro USA è stato colpito duramente sull’onda dei dati economici fiacchi.

Lunedì il biglietto verde ha ceduto lo 0,50% contro l’euro, in condizioni di scarsa liquidità perché gran parte dei mercati è rimasta chiusa per il ponte pasquale; l’EUR/USD ha toccato quota 1,1220, mentre l’indice del dollaro è sceso a 95,84 in scia alla debolezza dell’inflazione.

L’indicatore riferito all’inflazione preferito dalla Fed, ovvero l’indice core dei prezzi delle spese per i consumi personali, a febbraio è salito dello 0,1% m/m rispetto allo 0,3% del mese precedente, mancando il previsto 0,2%. Su base annua, l’indicatore è rimasto stabile all’1,7% rispetto all’1,8% di gennaio.

I dati mostrano che i consumatori americani rimangono cauti e preferiscono risparmiare di più, mentre il reddito ha continuato a crescere a un ritmo stabile.

Ciò nonostante, le spese personali per il mese di gennaio sono state riviste in forte ribasso, ciò lascia intendere che la ripresa USA guidata dai consumi interni richiederà tempo. Nel complesso, lunedì il dollaro USA ha perso terreno contro gran parte delle valute. Ciò nonostante, prevediamo che il mercato rivaluti le informazioni al rientro dal ponte pasquale. L’EUR/USD è sceso di nuovo sotto la soglia a 1,12; da un punto di vista tecnico, il giudizio rimane inclinato al ribasso, il livello a 1,1144 costituisce il supporto più vicino (38,2% di Fibonacci sul rally di marzo).

L’USD/JPY ha continuato a guadagnare terreno, con un rialzo del 2,75% rispetto al minimo di metà marzo, perché i dati economici giapponesi continuano a deludere. A gennaio, il tasso di disoccupazione è cresciuto del 3,3% rispetto al 3,2% del mese precedente. In un capitolo a parte, il commercio al dettaglio si è attestato al +0,5% a/a, deludendo le stime pari all’1,6%, e rispetto al -0,2% della cifra rivista al ribasso di gennaio. Infine, le vendite al dettaglio si sono contratte del 2,3% m/m, cifra molto inferiore alla previsione media, pari al -0,9%. Ciò nonostante, il rilevamento di gennaio è stato rivisto al rialzo, dall’1,1% al -0,4%. In generale ci aspettiamo che lo yen giapponese rimanga sotto pressione, perché probabilmente la BoJ interverrà per impedire un potenziale apprezzamento dello JPY.

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Nelle contrattazioni notturne, il dollaro neozelandese ha fatto registrare i guadagni maggiori, la coppia NZD/USD ha testato infatti il livello a 0,6761 prima di scendere leggermente, a 0,6745, perché gli operatori non hanno trovato ragioni per spingere il kiwi ancora più in alto, visti gli imminenti tagli del tasso dalla RBNZ e il ciclo di restringimento dei tassi della Fed. Il kiwi è inciampato nell’area di resistenza (massimo della fascia di febbraio) a 0,6750-75. Se i prezzi delle materie prime rimarranno sotto pressione, ci aspettiamo che il dollaro neozelandese inverta i guadagni precedenti e torni al livello a 0,66.

Sul mercato azionario, i future sui listini europei puntano a un’apertura in rialzo, nonostante l’andamento negativo dell’Asia. In Giappone, il Nikkei e il Topix hanno ceduto rispettivamente lo 0,18% e lo 0,31%. Anche i titoli della Cina continentale si sono mossi in territorio negativo, l’indice CSI 300 ha ceduto l’1,22%. Infine, l’Hang Seng di Hong Kong ha perso lo 0,31%, in Australia l’indice S&P/ASX è scivolato dell’1,57%, perché i prezzi del minerale di ferro continuano a scendere, il contratto per la consegna a settembre sulla borsa delle materie prime di Dalian è sceso al 4,30%, a 375 yuan per tonnellata.

Oggi gli operatori monitoreranno le vendite al dettaglio in Svezia; la fiducia delle imprese e dei consumatori in Italia; i discorsi di Williams e Kaplan della Fed (membri non votanti), oltre all’intervento di Yellen a New York, e l’indice sulla fiducia dei consumatori negli USA; la BoE diffonderà un comunicato relativo alla riunione del 23 marzo.

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