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AUD sotto pressione dopo i deboli dati sulle vendite al dettaglio

Pubblicato 04.04.2016, 10:37
Aggiornato 07.03.2022, 11:10

Il forte rapporto sul lavoro pubblicato la scorsa settimana negli USA non ha fornito un nuovo slancio al biglietto verde, perché i partecipanti al mercato preferiscono concentrarsi sui dati sull’inflazione e sugli sviluppi dei mercati finanziari globali, imitando il comportamento della Fed.

Dai dati diffusi venerdì emerge che, nel mese di marzo, l’economia USA ha creato 215 mila posti di lavoro nel settore privato, superando le 205 mila unità delle previsioni medie, mentre la cifra del mese precedente è stata rivista da 242 a 245 mila unità.

Il tasso di disoccupazione è salito al 5% dal 4,9% di febbraio (previsione: 4,9%), perché il tasso di partecipazione è salito dal 62,9% al 63%.

Infine, a febbraio le retribuzioni orarie medie sono cresciute del 2,3%, superando il 2,2% previsto dal mercato, invece la cifra del mese precedente è stata rivista al rialzo, dal 2,2% al 2,3%.

Nel complesso, il rapporto sul lavoro non ha risvegliato i tori del dollaro, perché l’impostazione da colomba della Federal Reserve continua a pesare sul modo di pensare degli operatori.

Venerdì scorso l’EUR/USD ha ceduto lo 0,80%, scendendo a 1,1335 sulla scia del dato NFP, ma poi ha rapidamente invertito le perdite, stabilizzandosi intorno a 1,14.

La sterlina ha reagito più o meno allo stesso modo, cedendo circa l’1% contro l’USD, ma, a differenza dell’EUR, la GBP poi non è riuscita a recuperare le perdite. La coppia GBP/USD si è consolidata intorno a 1,4225 dopo aver raggiunto quota 1,4171 venerdì, perché continuano a pesare le prospettive di una Brexit.

In Australia, la divisa locale ha subito forti pressioni a vendere dopo il dato deludente sulle vendite al dettaglio e il nuovo calo dei prezzi delle materie prime. A febbraio le vendite al dettaglio si sono attestate allo 0,0% m/m, ben sotto il previsto 0,4% e lo 0,3% del mese precedente.

L’AUD ha ceduto lo 0,70% contro il dollaro USA, toccando quota 0,7615, intanto il Petrolio Greggio scivolava a 36,35 USD, in calo di un altro 1,25%. Il supporto più vicino, che si osserva a 35,96 USD (minimo 15 marzo), molto probabilmente resisterà, visto che non ci sono novità sul fronte dei fondamentali. Analogamente, il greggio Brent ha ceduto lo 0,95% in Asia, raggiungendo i 38,30 dollari al barile.

Nel settore delle materie prime, l’Oro ha ceduto lo 0,37% e l’Argento lo 0,34%, il Palladio ha perso quasi l’1%. Sul COMEX, anche i future sul Rame hanno ceduto terreno, in calo dello 0,53% a 2,15 USD/libbra. Il Gas naturale ha guadagnato l’1,40%.

In questo contesto, gran parte delle valute legate alle materie prime ha perso terreno. La coppia USD/CAD ha guadagnato lo 0,43%, la coppia NZD/USD ha ceduto lo 0,54%, mentre l’USD/NOK è scivolato dello 0,15%.

L’azionario ha fatto segnare un rialzo diffuso in Asia, l’indice MSCI Asia Apex è salito dello 0,25%. Lunedì i titoli giapponesi hanno avuto un andamento contrastato, con il Nikkei in calo dello 0,25% e il Topix in rialzo dello 0,10%.

I mercati cinesi sono chiusi per la festività del Ching Ming. In Nuova Zelanda, le azioni hanno guadagnato lo 0,53%, in Australia l’S&P/ASX ha ceduto lo 0,08%, mentre a Singapore l’STI è lievitato dello 0,45%. I future sui listini azionari europei puntano a un’apertura in ribasso, con il Footsie a -0,14%, il DAX a -0,26% e l’SMI a -0,21%. I future sui listini USA sono positivi, con l’S&P 500 a +0,04% e il Dow Jones a +0,90%.

Oggi gli operatori monitoreranno il tasso di disoccupazione in Danimarca; l’IPC e il rapporto IPP in Turchia; il PMI costruzioni di Markit/CIPS nel Regno Unito; gli ordini alle fabbriche, gli ordini di beni durevoli e il discorso di Rosengren della Fed negli USA.

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