Market Brief
Oggi c’è stata una tregua passeggera dell’avversione al rischio, gli indici azionari regionali cinesi hanno avuto un andamento contrastato. La debole chiusura dei mercati USA ha cancellato i guadagni del quarto trimestre del 2015. La tregua nelle vendite in Cina è dovuta in parte alla stabilità dello CNY. La Cina ha fissato lo yuan a 6,5628, livello sostanzialmente invariato per il terzo giorno consecutivo. Ciò ha fatto apprezzare bruscamente lo CNH (MI:CNHI) (anche a causa dei problemi dovuti alla stretta sulla liquidità, degli interventi verbali e delle voci non confermate di un intervento di politica monetaria), facendolo convergere con lo CNY. La quotazione dello yuan offshore ha superato brevemente quella dello yuan cinese. Di ritorno dal lungo fine-settimana festivo, il Nikkei è sceso, sulla falsariga della debolezza regionale dei giorni scorsi. L’Hang Seng ha ceduto un marginale 0,65%, invece l’indice composito di Shanghai ha guadagnato lo 0,20%. In prospettiva, crediamo che le autorità cinesi cercheranno di dare una certa stabilità allo CNY. L’elevato livello di volatilità ha danneggiato molto la credibilità dei regolatori cinesi, che probabilmente non sono disposti a sacrificare la loro reputazione e causare possibili disorientamenti per far ripartire la crescita. Per quanto riguarda i dati, mercoledì la Cina pubblicherà le cifre commerciali. Un deterioramento significativo dell’attività commerciale confermerà i timori del mercato di un rallentamento economico e probabilmente eserciterà ulteriori pressioni sugli asset cinesi. Per quanto riguarda le materie prime, i prezzi del petrolio continuano a scendere, il greggio WTI è scivolato del 5,8% a 30,41 USD, il Brent è sceso a 30,34 USD. Sui mercati dei cambi, le valute G10 hanno avuto un andamento contrastato, con un numero equivalente di vincitori e vinti contro l’USD. Le valute legate alle materie prime sono state vendute, quelle ritenute rifugi sicuri si sono invece apprezzate contro il biglietto verde. Rimaniamo negativi sulle valute legate alle materie prime come CAD, NOK e NZD, e vediamo in eventuali rimbalzi un’opportunità per ricaricare i corti. Sui grafici giornalieri, l’USD/JPY ha mostrato un pattern engulfing rialzista, che rappresenta un chiaro segnale d’inversione (che potenzialmente individua nel livello a 117,23 il minimo). Lo yen è stata la divisa più forte del G10 nel 2015, grazie alla predominanza della propensione al rischio. A novembre, il surplus commerciale giapponese è salito a 1,1453 mila miliardi di yen a fronte degli 858,5 miliardi previsti. Ciò nonostante, i dati sulla bilancia dei pagamenti di novembre mostrano che i deflussi di capitale più che compensano l’attuale surplus delle partite correnti. A dicembre, il sentiment delle famiglie giapponesi è salito a 42,7 da 42,6 punti. La recente forza dello JPY ha annullato gran parte della debolezza dovuta alla politica monetaria, ovvero all’iniziativa della BoJ di ottobre. La BoJ si avvicina a un bivio difficile. Visto l’indebolimento della domanda globale e l’avversione al rischio che fa salire lo yen, è improbabile raggiungere l’obiettivo al 2%. Tuttavia, gli interventi politici stanno generando un certo successo. Prevediamo che, nel prossimo futuro, la BoJ modificherà il suo linguaggio, adottando toni più accomodanti. Oggi l’attenzione sarà puntata sulla produzione industriale di novembre nel Regno Unito, che dovrebbe scendere allo 0,0% m/m dallo 0,1%. La produzione manifatturiera britannica dovrebbe salire allo 0,1% dal -0,4%. La riunione di giovedì del Comitato di Politica Monetaria della BoE non dovrebbe riservare sorprese, e i verbali dovrebbero rimanere sostanzialmente in linea con quelli della riunione di dicembre. Il voto dovrebbe rimanere invariato con 8 membri a 1 a favore di tassi fermi (forse McCafferty non voterà più a favore di un rialzo). Dall’ultima riunione, infatti, le apprensioni dei membri per i rischi globali e la debolezza delle pressioni inflazionistiche non hanno fatto che aumentare. |