L’annuncio del Presidente Donald Trump, con un tempismo perfetto dal punto di vista politico, di una cura con il plasma per il coronavirus ha spinto i mercati azionari ed ha dato sollievo al dollaro in vista della rigida valutazione dell’economia USA prevista dalla Federal Reserve questa settimana. Il risultato per gli investitori di oro e greggio, però, è altra incertezza.
I prezzi del metallo prezioso e del greggio sono scesi lievemente in Asia all’inizio della nuova settimana di scambi, sulla scia della notizia di una “approvazione per uso di emergenza” da parte della Food & Drug Administration per l’utilizzo del plasma dei pazienti guariti come farmaco per il COVID-19.
L’annuncio è arrivato alla vigilia della Convention nazionale dei Repubblicani, dove Trump sarà nominato per guidare il partito per altri quattro anni. Il presidente la scorsa settimana aveva accusato elementi del “deep state” all’interno della FDA di stare cercando di far ritardare i progressi del vaccino e dei trattamenti fino a dopo il 3 novembre, giorno delle elezioni negli USA.
Avversione al rischio ancora in atto
Secondo il Financial Times, inoltre, il governo statunitense starebbe pensando di aggirare i normali standard regolatori USA per accelerare l’uso di un vaccino sperimentale sviluppato nel Regno Unito in America prima delle elezioni presidenziali. Tuttavia, i focolai del virus in Europa hanno visto nuove impennate la scorsa settimana, con la Spagna che ha riportato 6.671 casi, la Francia 3.776 e la Germania più di 1.500, e per la maggior parte tutti in un giorno, mercoledì.
“L’autorizzazione per uso di emergenza del plasma dei guariti potrebbe essere considerata l’ultima spinta per gli orsi della materia prima”, afferma Anil Panchal di FX Street.
“Tuttavia, il netto aumento dei casi di virus in Germania, Francia e Spagna mantiene in atto l’avversione al rischio”.
I future dell’oro con consegna a dicembre, di riferimento, sul Comex a New York, scendono di 6,60 dollari, o dello 0,3% a 1.940,40 dollari l’oncia alle 5:30 GMT.
Il West Texas Intermediate, il riferimento dei future del greggio USA, così come il Brent, riferimento globale, sono rimasti pressoché invariati.
I future Dow, intanto, indicano un’apertura in lieve rialzo nella seduta newyorkese di questo lunedì.
Mercati cauti in vista del simposio di Jackson Hole
Tuttavia, i trader potrebbero prestare più attenzione a cosa dirà la Fed nei prossimi giorni.
L’annuale simposio di “Jackson Hole, Wyoming” della banca centrale, in agenda giovedì e venerdì (che si terrà in modalità virtuale per la prima volta in quattro decenni a causa della pandemia), vedrà il presidente Jay Powell presentare la revisione di politica monetaria che dovrebbe concentrarsi sulla promessa di tassi super-bassi ed ulteriore svalutazione della moneta.
Una questione importante, in particolare in vista del vertice di politica monetaria di settembre della Fed, sarà capire se la banca sposterà l’obiettivo di inflazione ad una media, consentendo all’inflazione di salire prima che vengano alzati i tassi di interesse.
Gli investitori potrebbero attendere inoltre segnali del fatto che la Fed stia cercando altri modi per incoraggiare l’economia nel caso in cui il Congresso non dovesse riuscire ad approvare un nuovo pacchetto di aiuti per la pandemia.
“Se Powell dovesse confermare che la banca si sposterà verso un qualche tipo di regime di obiettivo di inflazione media, sarà positivo per il rischio e negativo per il dollaro”, ha affermato su ForexLive Eamonn Sheridan.
Il rendimento dei Buoni del Tesoro USA a 10 anni di riferimento si è diretto in basso per la maggior parte degli ultimi due mesi e i trader del forex speravano che la Fed lo mantenesse tale sottoponendo a controllo lo strumento.
Ma, quando i verbali del vertice della Fed di luglio, pubblicati mercoledì, hanno rivelato che la banca centrale aveva respinto l’idea di un controllo della curva del rendimento, hanno dato ai trader del forex un motivo per spingere su l’indice del dollaro. E questo malgrado le migliaia di miliardi di dollari di stimoli lanciati dal Congresso USA e la promessa della banca centrale di aumentare il bilancio per supportare un’economia afflitta dalla pandemia.
Sebbene i dati USA sulle vendite di case nuove e sugli indici PMI abbiano supportato il biglietto verde venerdì, il persistere dell’indice del dollaro al livello di 93 sconcerta molti analisti che si aspettavano un range inferiore a 92,5.
Troppi rischi per abbandonare l’oro
L’oro aveva segnato massimi storici di quasi 2.090 dollari il 7 agosto prima che due bruschi selloff nelle ultime due settimane lo mettessero su una strada più volatile.
“La cosa migliore per l’oro al momento sarebbe che la ripresa economica continui ma non sia troppo robusta, cementando la necessità di maggiori stimoli fiscali e monetari”, afferma Ed Moya, analista di OANDA a New York. “Permangono troppi rischi per le prospettive perché si possa abbandonare il trading dell’oro”.
Per quanto riguarda il greggio, l’aumento a doppia cifra del numero di impianti di trivellazione USA la scorsa settimana potrebbe aver alimentato i timori che i trivellatori della più grande nazione produttrice al mondo stiano aumentando la produzione malgrado le prospettive discutibili sulla domanda per la pandemia di coronavirus.
Il primo aumento a doppia cifra del numero di impianti in oltre un anno
Gli impianti di trivellazione attivi negli Stati Uniti ammontavano a 183 la scorsa settimana, contro il minimo storico della settimana prima di 172, secondo quanto reso noto dalla compagnia di servizi finanziari Baker Hughes.
Baker Hughes non riportava un singolo aumento del numero da febbraio, ben prima dell’arrivo del coronavirus negli Stati Uniti che ha decimato la domanda di energia. Era da più di un anno che non si registrava un aumento a doppia cifra del numero di impianti.
L’impennata del numero di impianti suggerisce che i trivellatori statunitensi si trovano più a proprio agio con i prezzi del greggio intorno ai 40 dollari al barile.
Il passato ha dimostrato che gli aumenti degli impianti, una volta iniziati, possono rapidamente far aumentare le aree di estrazione dello scisto. Il risultato di solito è una produzione superiore a quanto il mercato possa sopportare, un fenomeno che alla fine pesa sui prezzi del greggio.
Il numero di impianti USA aveva raggiunto il massimo di 1.606 nel 2014, innescando un crollo dei prezzi che aveva portato il greggio a circa 25 dollari al barile due anni dopo, rispetto ai precedenti massimi di oltre 100 dollari.