Un terremoto sta scuotendo l’America aziendale, con sempre più compagnie che annunciano di volersi trasferire in giurisdizioni più favorevoli come il Texas.
Ma le ragioni alla base di questa migrazione potrebbero non essere solo di natura legale.
La grande migrazione aziendale
In parole povere, gli elevati costi operativi e della vita in alcune aree metropolitane stanno spingendo le compagnie a cercare pascoli più verdi altrove. Ben 465 sedi si sono spostate dal 2018, con il Texas che ne ha accolto la maggior parte in 209 trasferimenti, secondo i dati dell’agenzia immobiliare commerciale CBRE.
79 compagnie hanno lasciato la Bay Area californiana nello stesso periodo, 50 se ne sono andate da Los Angeles e 21 da New York City.
Le perdite della California sono guadagni del Texas. Tra il 2019 e il 2022, lo “stato dell’oro” ha perso quasi 80 miliardi di dollari di entrate fiscali, con i residenti scappati via dagli elevati costi della vita e dalle rigide norme, mentre il Texas ha guadagnato 31 miliardi di dollari (e la Florida ben 116 miliardi).
Costi energetici e obblighi affliggono le compagnie californiane
I crescenti obblighi per il clima e le tasse sono destinati a far aumentare i costi energetici californiani, già tra i più alti negli Stati Uniti, mentre il nuovo compenso minimo da 20 dollari all’ora per i dipendenti dei fast-food ha portato a un’impennata dei prezzi dei ristoranti.
Al contrario, il Texas ha un costo della vita relativamente basso, così come costi energetici bassi. Non prevede tasse sui redditi personali o aziendali.
Oggi, il Texas ospita 55 compagnie Fortune 500, il numero più alto di ogni altro stato. Compagnie come Oracle (NYSE:ORCL), Hewlett Packard Enterprise (NYSE:HPE) e Charles Schwab (NYSE:SCHW) hanno spostato le loro sedi nello “stato della stella solitaria” dall’inizio della pandemia, una mossa che secondo CBRE permette di risparmiare il 15%-20% negli stipendi.
I leader del tech appoggiano Trump
Il trasferimento di Elon Musk dalla California non è solo una decisione aziendale: è anche politica. Il capo di Tesla (NASDAQ:TSLA) si allinea sempre di più con il movimento dei conservatori e, la scorsa settimana, ha appoggiato l’ex Presidente Donald Trump, promettendo di donare circa 45 milioni di dollari al mese a un super-PAC pro-Trump.
Questo cambiamento rispecchia una più ampia recente tendenza di importanti nomi della Silicon Valley che appoggiano Trump, soprattutto da quando ha scelto l’ex venture capitalist e senatore di primo mandato J.D. Vance come compagno nella corsa alle presidenziali.
Anche Marc Andreessen e Ben Horowitz, fondatori della leggendaria compagnia di venture capital Andreessen Horowitz, hanno espresso il loro supporto per Trump. Avrebbero detto ai dipendenti che intendono contribuire economicamente ad organizzazioni politiche pro-Trump, convinti che l’ex presidente farà di più di Joe Biden per aiutare le startup.
Il modo per sostenere una continua crescita economica negli Stati Uniti, dicono Andreessen e Horowitz, è “incoraggiare le nuove startup, per spingere l’innovazione, la concorrenza e la crescita, e impedire alle grandi compagnie di armare il governo per schiacciarle”.
Gli Stati Uniti restano l’hub più grande del mondo per gli investimenti VC. Secondo Dealroom.co, gli USA hanno raccolto quasi 92 miliardi di dollari nel primo semestre di quest’anno, molto di più dei successivi nove Paesi messi insieme. Gli Stati Uniti ospitano sei dei primi 10 tech hub mondiali per importo di VC raccolto, con la Bay Area in cima alla lista con quasi 34 miliardi di dollari raccolti finora nel 2024.
Vance come ponte tra Trump e la Silicon Valley?
Parliamo di J.D. Vance. Il 39enne senatore dell’Ohio ha visto una rapida ascesa nella politica statunitense. Laureato in legge a Yale ed ex venture capitalist, Vance ha usato la sua esperienza per fare da ponte tra la campagna di Trump e i ricchi donatori della Silicon Valley. Nonostante il suo passato da VC, il legislatore è un aperto critico delle Big Tech e ha chiesto la dissoluzione di Google (NASDAQ:GOOGL), che definisce “una delle compagnie più pericolose del mondo”.
Trump supporta sempre di più tecnologie all’avanguardia che un tempo criticava, come il Bitcoin, l’intelligenza artificiale e i non-fungible token (NFT). Trump, che dovrebbe intervenire questa settimana alla Bitcoin Conference di Nashville, è il primo importante candidato presidenziale ad accettare donazioni in criptovalute. Lo scorso trimestre avrebbe raccolto 3 milioni di dollari in cripto per la sua campagna.
Trump non ha detto chi guiderà le politiche sull’IA nel suo governo se dovesse vincere, ma credo proprio che Vance giocherà un ruolo importante in questo crescente settore. Gli alleati di Trump avrebbero abbozzato un ordine esecutivo sull’IA finalizzato al sostegno delle tecnologie militari e alla riduzione delle regolamentazioni sull’intelligenza artificiale. Il piano, chiamato “Make America First in AI” (“rendere l’America la prima nell’IA”), rappresenta un drastico potenziale cambiamento nella politica IA in un futuro governo Trump.
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Nessuno dei Fondi di U.S. Global Investors deteneva alcuno dei titoli menzionati in questo articolo al 30/6/2024.