Giovedì 27 Settembre
Mentre il mercato digerisce l’abbondante materiale fornito da Jay Powell e dai suoi colleghi del FOMC, non particolarmente gradito da Wall Street, l’attenzione è destinata a spostarsi sul palcoscenico politico italiano. Il DEF è in arrivo e un mare increspato sembra aver lasciato spazio a un onda più formata, se non ancora a un fortunale, in una situazione che a Roma non appare del tutto sotto controllo nel momento in cui emerge più esplicito il conflitto tra forze di governo e ministero delle finanze.
Con la consueta entropia generate dal copioso materiale (comunicato, proiezioni, conferenza stampa) messa a disposizione dalla banca centrale americana nei meeting ‘estesi’, questi i punti più interessanti che sono emersi dal FOMC di ieri sera:
Il riferimento alla politica monetaria “remaining accommodative” è stato eliminato dal comunicato. Un segnale che il mercato era destinato a interpretare come dovish (i.e. “siamo più vicini a un livello neutrale in cui rallenteremo/fermeremo i rialzi”), da cui l’iniziale indebolimento del dollaro, se non fosse per le esplicite precisazioni del Governatore nella successive conferenza stampa: “Readers of the FOMC statement likely noted that the Committee dropped a sentence that indicated that the stance of monetary policy remains accommodative. This change does not signal any change in the likely path of policy. Instead, it is a sign that policy is proceeding in line with our expectations”. In buona sostanza: togliamo il riferimento proprio per non dare specifici punti di riferimento su quello che definiamo essere un livello neutrale dei tassi (portando avanti un concetto di costante flessibilità più volte ribadito nel corso dell’intervento). Powell ha anche fatto notare, pur sminuendo l’importanza dei DOTs nel definirli proiezioni personali “su cui non si vota”, che il fatto stesso che i tassi siano attualmente sotto le proiezioni di lungo periodo di tutti i componenti del FOMC rende per definizione l’attuale politica ‘accomodante’.
Una forte maggioranza (12 su 16) si attende ora che arrivi il quarto rialzo del 2019 (il FOMC di dicembre è di gran lunga il principale candidato rispettando il ritmo di un rialzo a trimestre e l’utilizzo del FOMC ‘esteso’ per deliverare gli aggiustamenti). Nei DOTs di giugno erano in 8 su 15 (c’è un DOT in più con l’arrivo nel comitato di Richard Clarida, adesso manca solo una nomina per avere un board complete di 17 unità).
I (famosi) DOT mediani sono rimasti sostanzialmente immutati per 2019 e 2020, anche se la distribuzione dl 2020 vede il gruppo più numeroso (moda) più in alto (3.50%-3.75% vs 3.25%-3.50%) rispetto a giugno.
La mediana della previsione di crescita GDP per 2018 (significativamente, da 2.8% a 3.1%) e 2019 (solo di 0.1%) è stata rivista al rialzo con il resto delle stime macroeconomiche lasciate sostanzialmente immutate.
Riporto anche qualche estrapolazione dell’intervento di Jay Powell che ritengo rilevante:
Both household spending and business investment are expanding briskly, and the overall growth outlook remains favorable… Fiscal policy is boosting the economy, ongoing job gains are raising incomes and confidence, and overall financial conditions remain accommodative.
The main thing where we may need to move along a little bit quicker is if inflation surprises to the upside. We do not see that, we really don’t see that.
I think either a significant and lasting correction in financial markets or a slowing down in the economy that is inconsistent in our forecasts, those are the kinds of things we would react to.
Nel complesso un FOMC che mi sembra di poter interpretare come hawkish. Non mi sorprende che, con la somatizzazione dell’ingente materiale (che sta continuando mentre scrivo in apertura di mercato europeo), si sia ripresentata una moderata tendenza al rafforzamento del dollaro. Credo diventi più difficile a questo punto che arrivi in tempi brevi una rottura al rialzo del range 1.15 (se escludiamo la veloce sortita verso 1.13 di agosto) - 1.18 degli ultimi mesi. Anche la reazione sui mercati obbligazionari e azionari si può leggere sotto questa luce (di una Fed, almeno al margine, hawkish). Sull’azionario guidato al ribasso dal Russell 2000, ha pesato anche un accenno del Governatore al fatto che le valutazioni dell’equity siano al momento “storicamente elevate”. Meno lineare l’interpretazione da dare ai movimenti sulla curva dei tassi. Il movimento è stato di flattening con la parte a breve relativamente invariata (80% di rialzo a dicembre, e 3 rialzi scarsi cumulativamente entro gennaio 2020) con i rendimenti in chiaro calo sulla parte più a lunga della curva (10Y -5bp a 3.04%). Due possibili spiegazioni: a) una reazione del Treasury al visibile calo di Wall Street dopo la conferenza; b) un qualche sentore di potenziale ‘policy-mistake’ da parte della Fed nell’essere troppo aggressiva in una fase matura del ciclo con troppe esogene potenzialmente negative (trade war, rallentamento cinese, crisi di alcuni paesi emergenti).
Wall Street. Spesso in queste pagine ho ricordato come il flusso dei buy-backs sia stato negli ultimi anni un elemento molto importante di supporto (quando arriva copioso) o di vulnerabilità relativa (quando l’embargo pre-trimestrali lo riduce sensibilmente). Pensavo che la finestra di vulnerabilità stesse per chiudersi (nelle prossime due settimane) ma ieri un’analisi dell’amico Guido Arslan di Spectra FX mi ha illustrato come solo ora si stia entrando nel vivo di questa momento di maggior carenza di riacquisto di azioni proprie. Potrebbe essere un fastidio per un mercato che negli ultimi giorni è tornato a mostrare più di qualche incertezza nell’affrontare le resistenze e che ieri ha risposto con un ribasso abbastanza deciso alle esternazioni della banca centrale.
Italia: sfida all’Ok Corral? Un flusso di notizie non troppo rassicuranti quello arrivato ieri dal fronte politico italiano. Ieri Tria ha ricordato l’impegno a ridurre il rapporto debito/GDP ma questo sembra essere in palese contrasto con quanto riportato nel tardo pomeriggio dall’ANSA e dal Corriere, ovvero su un accordo raggiunto da Lega e M5S su un livello di deficit (2019) del 2.4%. Anche stamattina il newsflow conferma l’incertezza (LEAGUE IS SAID TO JOIN 5 STAR IN SEEKING 2.4% DEFICIT: CORRIERE / ITALY GOVT MAY POSTPONE MEETING OVER 2019 BUDGET PLAN: CORRIERE) e apparecchia per un doppio volatile conflitto: Lega/M5S vs Tria e Italia vs Europa. A 2.4% di deficit è molto probabile una reazione decisa per ‘serious non compliance’ da parte di Bruxelles. L’annuncio del DEF era previsto per le 6pm (CET) a valle di un consiglio dei ministri. Ora non si sa...
Evidente il calo del BTP: ieri pomeriggio e di nuovo stamattina in apertura…
Buona giornata.
Alessandro Balsotti, Strategist e Gestore del JCI FX Macro Fund
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