Nelle ultime settimane, Donald Trump non si era fatto sentire molto – soprattutto rispetto a come c’eravamo abituati – perché la sua amministrazione si stava preparando a una delle sue battaglie cruciali: l’abrogazione dell’Obamacare.
Beh, la scorsa settimana le cose erano già cominciate male, con il rinvio da giovedì a venerdì per effetto delle divisioni sorte all’interno del partito repubblicano.
Gli investitori nutrivano già dei dubbi in vista del fine-settimana: le azioni si muovevano lateralmente, il dollaro e i rendimenti sui titoli del Tesoro USA non si spostavano di un millimetro.
E ora abbiamo la conferma nei fatti, Trump non ha passato il suo primo test, costringendo gli investitori a riflettere se questa sia solo una battuta d’arresto temporanea o l’inizio di una routine.
Stamattina, a giudicare dai mercati azionari, gli investitori hanno iniziato a liquidare le operazioni generate dalla reflazione promessa da Trump, perché crescono i dubbi sull’abilità del governo di mettere in pratica le promesse fatte.
Il Nikkei ha ceduto l’1,44% e l’Hang Seng è scivolato dello 0,68%. Anche i future USA sono scesi in territorio negativo, i contratti sull’S&P sono in calo dello 0,85%. In Europa, l’Euro Stoxx 600 ha ceduto lo 0,80%, con il DAX tedesco scivolato dello 0,82%.
Nelle prossime settimane l’incertezza politica negli USA resterà il catalizzatore principale e peserà sul dollaro e sui titoli azionari, perché gli investitori stanno rivendendo al ribasso le loro aspettative sull’azione della politica.
La fallita approvazione della riforma sanitaria ha ridotto la flessibilità di Trump nel far approvare altre riforme, perché sarà più difficile ottenere un budget equilibrato, soprattutto perché tutte le altre riforme proposte farebbero aumentare la spesa.