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Fuori dall'Europa! O meglio, dai mercati finanziari europei

Pubblicato 12.02.2017, 19:18
Aggiornato 04.10.2023, 19:20
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Buonasera ai lettori di Investing.com,

la settimana appena trascorsa è stata caratterizzata dal riaffiorare di turbolenze sui mercati finanziari europei, alla luce dapprima dell'emergere del rischio "Le Pen" come nuova minaccia alla stabilità dell'Unione Europea e dell'Eurozona e successivamente da nuovi (seppur poco rilevanti) focolai di tensione tra Grecia-UE-Fondo Monetario Internazionale circa il rilascio della tranche di 7 miliardi di euro, concordata nel piano di salvataggio del 2015 e indispensabile al rimborso del capitale di obbligazioni sovrane greche di prossima scadenza.

Gli effetti delle succitate fonti di incertezza si sono palesate in primis sul mercato obbligazionario dei titoli di stato sovrani come testimoniato dall'ingente flusso di vendite di bond francesi, che ha portato brevemente il decennale transalpino a toccare un rendimento dell'1,15% portando lo spread sul bund tedesco al livello massimo degli ultimi dieci anni (79 punti base), ed il rendimento dei titoli di stato greci con scadenza due anni ai massimi degli ultimi due anni (10,89%) per poi tornare, verso fine settimana, al di poco sopra all'8% a seguito di segnali di distensione in seno all'UE.

Sul fronte valutario, l'euro ha solo lievemente ritracciato rispetto al USD (-1,30%), indicando pertanto che, allo stato attuale, gli operatori di mercato non credono che le prossime elezioni in Olanda (marzo), Francia (aprile-maggio), Germania (settembre) e probabilmente Italia, possano decretare la fine dell'Unione Europea, seppur il "popolo"anti-europeista ed anti-EURO sia in persistente crescita.

Certamente, il trend di crescita economica che da tre anni a questa parte sta via via consolidandosi (nel 2016 l'Eurozona è cresciuta del 1,7% vs +1,6% degli USA!), come segnalato anche da una graduale riduzione del tasso di disoccupazione, potrebbe essere intaccato, anche in modo rilevante, da forze disgregatrici, alla luce delle imminenti elezioni politiche.

Si tenga inoltre presente che, ad oggi, il presidente USA Trump non ha intrattenuto alcun contatto ufficiale con i governi dell'Eurozona (ha incontrato solo la britannica Theresa May ed il giapponese Abe), ed il legame consolidatosi con la Russia di Putin, potrebbe giocare un ruolo chiave nella determinazione di nuovi equilibri in seno all'Unione Europea stessa, in un'ottica di maggior autonomia degli Stati membri.

Da evitare, pertanto a mio avviso, un'esposizione aggressiva sia azionaria sia obbligazionaria sul Vecchio Continente, il cui fragile settore bancario (l'indice FTSE MIB italiano e l'IBEX spagnolo sono fortemente banche- dipendenti) e le continue pressioni politiche (da parte tedesca), volte ad incentivare l'eliminazione il prima possibile degli stimoli monetari della BCE (che sinora indebolendo il valore dell'euro e riducendo i tassi d'interesse sono stati il fulcro della ripresa economica e della sostenibilità del debito di alcuni Paesi tra cui l'Italia stessa), potrebbero inevitabilmente determinare un ingente spostamento dei capitali verso Paesi più USA-FRIENDLY o comunque con una politica monetaria ed economica più stabile (Giappone, Australia oltre agli stessi USA).

Per quanto attiene il fronte macroeconomico, da segnalare i dati estremamente positivi (seppur per esperienza molto volatili da un mese all'altro) circa l'andamento delle importazioni e delle esportazioni della Cina a Gennaio, in crescita rispettivamente del 16,7% e del 7,9% rispetto allo stesso mese del 2016.

Di conseguenza, il rischio di una brusca frenata (hard landing) dell'economia cinese, che ha spaventato i mercati esattamente un anno fa, sembra progressivamente attenuarsi.

Per ciò che riguarda, invece, l'ambito di politica economica, è ancora la "scheggia impazzita" Trump a fornire simultaneamente elementi di euforia (distensione dei rapporti con Giappone e Cina oltre all'annuncio di un imminente programma di sgravi fiscali) e di preoccupazione (come l'uscita repentina dall'accordo commerciale Trans-Pacifico, gli improvvisi limiti all'immigrazione e le conseguenti dispute giudiziarie, o l'attacco frontale al Messico e per ultimo al Primo Ministro australiano...) quale sarà il prossimo destinatario di attacchi feroci o di esaltazione da parte del nuovo presidente USA?

La settimana dal 13 al 17 Febbraio, sarà incentrata sulla divulgazione dei dati circa l'inflazione in Paesi chiave per le decisioni di politica monetaria futura e, pertanto, con inevitabili ripercussioni sul comparto obbligazionario e valutario; da prestare pertanto attenzione alle seguenti date:
- 14/2 inflazione cinese (CPI) a Gennaio prevista al 2,4% su base annua; inflazione in Germania prevista stabile al 1,9% e britannica prevista in crescita al 1,9% su base annua dal +1,6% di Dicembre
- 15/2 : inflazione americana prevista in crescita dal 2,1% di Dicembre al +2,4% a Gennaio (sempre su base annua)
-15/2 : vendite al dettaglio in USA (sempre per il mese di Gennaio) previste in crescita dello 0,1% rispetto a Dicembre
- 16/2 : divulgazione del Philly FED ossia dell'indicatore preliminare sull'andamento dell'attività manifatturiera a Febbraio in un'area a densa attività industriale
- 17/2 : vendite al dettaglio in Gran Bretagna (Gennaio) previste in crescita dell'1% rispetto al mese precedente
IL MERCATO AZIONARIO

Nuovi record storici per i listini americani, ormai assuefatti all'idea che la politica economica/commerciale di Trump porti maggiori benefici che rischi alla Corporate America; sia il Dow Jones, sia l'S&P 500 sia il Nasdaq hanno fatto registrare da inizio 2017 ulteriori guadagni dopo un 2016 comunque brillante. Da attendersi un consolidamento (lieve ritracciamento) od una correzione (-5%), vista l'incertezza derivante dall'effettiva implementazione delle politiche pro-business trumpiane.

In Europa, invece, l'incertezza circa l'esito delle prossime elezioni in Paesi chiave unite ai risultati (spesso) deludenti fatti registrare dal settore bancario nel quarto trimestre 2016 hanno frenato l'euforia circa un nuovo slancio della crescita economica globale; da segnalare in particolare la performance negativa dell'indice italiano appesantito dai risultati trimestrali (BPER (MI:EMII), Banco Bpm (MI:BAMI) e Generali (MI:GASI) su tutti) e dal venir meno della fiducia che Intesa Sanpaolo (MI:ISP) sia realmente in procinto di scalare GENERALI (sembra la solita forzatura per "gonfiare" il prezzo delle azioni).

VALUTE E MATERIE PRIME

Lieve ripresa del dollaro americano rispetto alle principali controparti valutarie (+1,30% sull'euro; +0,40% sullo yen e +1% sul franco svizzero); sterlina britannica in stallo e ferma sui livelli di settimana scorsa (1,174 sull'euro) in attesa di sviluppi sul piano BREXIT; positive le valute dei Paesi Emergenti ed in particolare il Real brasiliano, il dollaro australiano (grazie anche alla persistente ripresa delle quotazioni delle mate.rie prime) e del dollaro canadese (legato al prezzo del greggio).

Per quanto attiene le materie prime, da un lato l'incertezza politica (l'estemporaneità degli interventi di Trump e l'approssimarsi del periodo elettorale in Paesi chiave dell'Eurozona) ha favorito l'ascesa dei preziosi (Oro e Argento da inizio anno si sono apprezzati rispettivamente del 7% e del 12%), dall'altro il "forte" dato sulle importazioni della Cina (Rame in crescita del 6% nell'ultia settimana) insieme alla cospicua riduzione della produzione di Petrolio Greggio da parte dei Paesi dell'Opec ed in particolare dell'Arabia Saudita, hanno fornito un importante supporto all'intero settore...se poi Trump facesse di tutto per limitare l'apprezzamento del dollaro americano, il bello dovrà ancora venire...

IL MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Fermento nel comparto obbligazionario, soprattutto sui titoli di stato dei Paesi dell'Eurozona; da un lato la minaccia Lepenista ed il rischio quantomeno di "ripensamento" della struttura dell'Unione Europea, dall'altro l'incremento dell'inflazione in Paesi "influenti" come la Germania, hanno determinato un ulteriore rialzo dei rendimenti (e contestuale riduzione dei prezzi) dei Soveeign. Tuttavia il persistere (fino a fine anno) del Quantitive Easing della BCE dovrebbe calmierare le pulsioni alle vendite (e pertanto ridurre nuovamente i rendimenti seppur non ai livelli infimi di Agosto 2016).

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