Il forte rally dei prezzi del Minerale di ferro fine 62% Fe CFR non è stato di nessun aiuto per l’azionario cinese, che nelle contrattazioni notturne ha fatto registrare forti perdite. L’indice composito di Shanghai ha ceduto il 3,90%, cancellando i guadagni della settimana, quello di Shenzhen, ad alto tasso di titoli tecnologici, è sceso ancora di più, cedendo il 5,19%. La banca centrale cinese (PBoC) ha abbassato dello 0,19% la quotazione dell’USD/CNY, portandola a 6,4579.
I tassi dei titoli di Stato USA sono rimasti su livelli bassissimi, perché i mercati continuano a prevedere che a giugno la Federal Reserve terrà i tassi fermi. Dalle probabilità ricavate dallo swap sull’indice overnight, c’è solo una probabilità del 12% che la Fed alzi di nuovo i tassi alla riunione di giugno. In questo scenario, l’USD/JPY ha perso slancio, cedendo i guadagni di ieri e riportandosi sotto il livello a 109. Dall’inizio del mese, la coppia si è mossa all’interno della fascia 107,63-109,73, perché gli operatori attendono novità o dalla BoJ o dalla Fed prima di intervenire. In un’ottica di medio termine, il giudizio rimane inclinato al ribasso.
Oltre alla Cina, i rendimenti delle piazze regionali asiatiche sono stati contrastati. Le azioni giapponesi hanno fatto registrare un lieve rialzo, il Nikkei e il Topix hanno guadagnato rispettivamente lo 0,19% e lo 0,20%. In Australia, l’indice S&P/ASX ha guadagnato lo 0,52%, in Nuova Zelanda le azioni sono salite dello 0,41%. A Singapore, l’STI è scivolato dello 0,70%, l’indice BGK tailandese ha ceduto un marginale 0,09% e l’indonesiano JCI ha perso lo 0,13%.
In Australia, l’AUD ha rovesciato i guadagni nei confronti dell’USD, cedendo lo 0,38% sulla scia del calo dei prezzi del petrolio e del deludente indice predittivo Westpac. L’indice, infatti, si è contratto dello 0,12% m/m a marzo, dopo la contrazione pari allo 0,23% del mese precedente, ciò indica che l’economia continua a soffrire a causa dei bassi prezzi delle materie prime e che il processo di adeguamento non è ancora finito. Prevediamo, dunque, che la RBA ribadirà il suo appello per un AUD più debole. Nella notte, la coppia AUD/USD ha raggiunto quota 0,7767 per poi stabilizzarsi intorno a 0,7790.
Analogamente, il dollaro neozelandese si è consolidato in Asia, la coppia NZD/USD è scesa a 0,70 dopo aver raggiunto, martedì, quota 0,7054 a Wall Street. Il calo del kiwi (NZD) è dovuto soprattutto alla correzione del prezzo del Petrolio Greggio – il West Texas Intermediate è scivolato del 2,70% - e dei prezzi delle materie prime in generale. Al ribasso, si osserva un supporto a 0,6966 (resistenza precedente, ora supporto) mentre al rialzo la resistenza più vicina si trova a 0,7232 (massimo da metà dello scorso giugno).
Oggi gli operatori monitoreranno il rapporto sull’inflazione in Sudafrica; il rapporto sul lavoro e il discorso di Ian McCafferty nel Regno Unito; il sondaggio ZEW in Svizzera; la decisione sul tasso d’interesse in Turchia (nessuna modifica prevista); i dati di metà mese sull’inflazione, la bilancia delle partite correnti e gli investimenti diretti esteri in Brasile; le vendite di case esistenti e le scorte di greggio negli USA.