L’effetto domino a seguito della manovra monetaria di Draghi, a lungo attesa dei mercati, c’è stato, ma in maniera diametralmente opposta alle previsioni.
Le misure di Francoforte, il cui obiettivo era sulla carta quello di svalutare l’euro per rilanciare l’economia europea, hanno disatteso gli investitori; ed i listini europei hanno reagito di conseguenza.
Dalle 14:00 di ieri si è avviato un calo importante per tutte le borse europee. Il Dax ha chiuso a quota 10789 cedendo più del 3% al mercato, mentre il FTSE MIB ed il FTSE 100 Inglese hanno concesso un calo di circa due punti e mezzo percentuali.
Il panico del mercato di ieri pomeriggio ha investito anche gli indici americani, in ribasso di oltre un punto percentuale: flessioni simili per i tre principali listini che escono molto ridimensionati dalla giornata di ieri (Dow Jones -1.41%, S&P -1.44% e Nasdaq -1.67%).
L’ondata di vendita non ha risparmiato nemmeno il continente asiatico, dove il Nikkei cede oltre due punti percentuali, e l’Hang Seng di Hong Kong chiude al 22235 (-0.81%).
Il mercato Forex ha vissuto ieri una delle giornata più calde degli ultimi anni. Come detto, la delusione rispetto alla conferenza stampa di Draghi ha, di fatto, “dopato” il mercato creando dei movimenti direzionali davvero notevoli.
La coppia EUR/USD ha avuto, infatti, una spinta rialzista – guidata dalla mancata svalutazione dell’euro – che lo ha portato nuovamente sulla soglia di 1.09 (1.0956 il massimo di seduta). Il rafforzamento dell’euro si è esteso anche rispetto allo Yen (+2.9%) ed alla Sterlina (+1.63%).
La più immediata conseguenza della nuova forza europea è stata la naturale flessione del dollaro, come conferma l’indice Wall Street Dollar che registra un calo del 2.15% per la moneta americana rispetto alle principali controvalute. Il dollaro ha ceduto terreno alla Sterlina (Gbp/Usd +1.22%) ed, in misura inferiore, rispetto allo Yen (-0.49%).
La svalutazione del dollaro, causata dai motivi appena visti, ha dato nuova linfa alle materie prime per due motivi. In primo luogo la correlazione inversa, vale a dire che un dollaro più debole aumenta la domanda di materie prime in quanto commerciate in valuta americana, e quindi al crescere della domanda aumentano i prezzi; in secondo luogo, il panico scatenatosi dalle 14:00 di ieri sui mercati, ha indotto molti investitori a rifugiarsi sui tradizionali beni “reali” di rifugio come le commodities.
Il Petrolio Greggio, dunque, registra un aumento del 3.49%, tornando sopra la soglia dei 41 dollari al barile. L’Oro, sempre meno volatile rispetto al greggio, chiude la seduta con un rialzo dello 0.49%, a 1062 dollari all’oncia troy.
Sul fronte macroeconomico in giornata sono attesi dati fondamentali. Dall’Europa sarà rilasciato il dato relativo al Pil, alle 11:00 italiane, mentre per gli Stati Uniti le 14:30 sono un orario da segnare sull’agenda. A quell’ora infatti saranno emanati dati fondamentali; primi fra tutti il NFP - Non Farm Payrolls - atteso in diminuzione ed il tasso di disoccupazione previsto stabile.
Per quanto riguarda la giornata di ieri, le notizie macro rilasciate, per quanto rilevanti, hanno avuto un impatto minimo rispetto alla conferenza stampa di Draghi dall’Eurotower.
L’effetto domino è stato rapido e potente come una tempesta. Il mancato aumento del QE ha deluso i principali investitori che di conseguenza hanno chiuso le posizioni ribassiste sull’euro generando una spinta rialzista per la moneta del vecchio continente.
Gli indici europei, che speravano di beneficiare dalla rinnovata politica monetaria, si sono ritrovati scoperti di fronte alla rivalutazione dell’euro generando perdite di grande entità e trascinando con se anche la borsa americana e come confermato in mattinata, anche quella asiatica.
Andrea Cangiano
UCapital, Financial Advisor