L’ipotesi attuale sui mercati prevede che i titoli value avranno una performance superiore ai growth nei prossimi scambi, dopo la svolta interventista della Federal Reserve USA la scorsa settimana, che ha segnalato una possibile accelerazione del tapering ed un’anticipazione degli aumenti dei tassi. I commenti del Presidente della Fed Jerome Powell secondo cui la parola “‘transitoria’ non dovrà più essere usata” per descrivere l’inflazione ha alimentato il fermento sui mercati del rischio.
Ha contribuito anche la notizia dell’arrivo di una nuova variante del COVID, chiamata Omicron, che potrebbe continuare ad innescare la volatilità sui mercati azionari.
In realtà le attuali oscillazioni tra titoli growth e value sono in atto dal bottom del marzo 2020, quando la pandemia di COVID-19 aveva comportato la chiusura delle economie globali. Ed era stato coniato il termine Reflation Trade per descrivere le rotazioni a volte rapide dagli investimenti growth ai value.
La testimonianza al Senato da parte di Powell martedì scorso ha dato la sensazione che gli aumenti dei tassi Fed potrebbero arrivare già nel primo semestre del 2022.
Interessante però che non ci sia stata una rotazione ovvia dai titoli Tech verso i settori sensibili al ciclo economico. Venerdì, nonostante i finanziari siano crollati dell’1,63% sulla giornata, i tech sono scesi solo dello 0,03% in più.
Inoltre, su base settimanale, il settore Tech è sceso dello 0,5%, mentre i servizi di comunicazione sono crollati del 3,21% ed i finanziari hanno registrato -5,28% nello stesso periodo.
Ovviamente, c’è un altro tema che fa passare in secondo piano la reflazione: Omicron. Dal momento che i titoli tecnologici sono stati i preferiti dei mercati nella prima ondata di coronavirus, spinti dall’ordine di stare a casa, gli investitori potrebbero stare cercando di difendere le loro scommesse oscillando tra growth e value ma senza venderne troppi.
E questo spiegherebbe perché il Russell 2000 abbia avuto una performance nettamente inferiore ai rivali nonostante contenga azioni cicliche. L’indice a bassa capitalizzazione è crollato del 2,54% venerdì, molto peggio del -1,74% del NASDAQ 100. L’indice Dow Jones mega-cap ha visto un calo di “appena” lo 0,17%, mentre l’S&P 500 è sceso dello 0,84%.
Questa performance deludente del Russell 2000 è continuata anche su base settimanale, con l’indice crollato del 3,86% rispetto al -1,74% del NASDAQ, al -0,94% del Dow ed al -1,22% dell’SPX. Infine, il Russell registra un tonfo per quattro settimane di fila, perdendo ben l’11,40% del valore.
L’unico altro indice ad aver subìto un sell-off di quattro settimane è stato il Dow Jones, ma l’indice da 30 componenti ha perso solo il 4,82% sul periodo, meno della metà del Russell.
Tuttavia, se, in base alle notizie disponibili finora, la variante Omicron si dimostrasse più debole della Delta, gli investitori potrebbero rifiondarsi sui titoli del Russell 2000. Inoltre, il NASDAQ 100 potrebbe aver raggiunto il massimo.
Dal momento che gli investitori hanno più paura dei rischi per l’ultima mutazione del virus, hanno abbandonato tutti i titoli azionari venerdì, scegliendo gli asset rifugio. E questo ha fatto aumentare la domanda di Treasury, compresi i titoli decennali, spingendo il rendimento del riferimento sotto l’1,4%.
I Treasury hanno completato un doppio apice, ponendo i rendimenti sulla traiettoria per poter raggiungere un doppio apice molto più grande, che renderebbe l’attuale apice la parte destra di una formazione più ampia, in atto da febbraio.
Le prove che Omicron sia stata al centro del sentimento dei trader sono persino più ovvie osservando il dollaro.
Neanche il tono più interventista della Fed è riuscito a spingere significativamente il dollaro, lasciando i trader alle prese con l’apice del testa e spalle ed il supporto di un breakout di un canale ascendente.
Un’ambivalenza simile si nota nell’oro.
Il Bitcoin resta invariato domenica, dopo un sell-off di tre giorni che ha riportato la criptovaluta sotto i 50 mila dollari, con un crollo di quasi il 14% ad un certo punto.
Sul grafico giornaliero, il token numero uno per capitalizzazione di mercato ha trovato supporto vicino alla DMA su 100, ma solo dopo aver completato un apice testa e spalle verso il basso, troppo debole per sviluppare come si deve una spalla destra. Sul grafico settimanale, il prezzo sembra destinato a ritestare la linea di trend in salita dall’ottobre 2020, nella parte bassa dei 40.000 dollari.
Il greggio scende per la sesta settimana di fila, nei timori che Omicron limiterà i viaggi, colpendo la già fragile domanda per la materia prima.
Il WTI è sceso sotto la linea di trend in salita dal minimo del 27 aprile, trovando supporto, per ora, presso una linea di trend in salita più piatta dal marzo di quest’anno.