Il vuoto politico in Francia e in Germania, i due attori più importanti e influenti dell'Unione europea, minaccia un'economia europea già in difficoltà.
Mercoledì il parlamento francese ha votato la sfiducia al primo ministro, rendendo Michel Barnier il capo di governo con il mandato più breve della Quinta Repubblica. Il presidente Emmanuel Macron è ora sotto pressione per la nomina di un sostituto, mentre affronta le crescenti richieste di dimissioni.
La disputa sulla legge di bilancio del 2025 che ha spinto Barnier sull'orlo del baratro suggerisce che ora sarà ancora più difficile affrontare i problemi economici del Paese. Con un deficit del 6,2 per cento del Pil, la Francia ha già il peggior squilibrio di bilancio della zona euro.
Chiunque formi il nuovo governo avrà ora grandi difficoltà a far passare le proposte fiscali e di spesa. Non ci possono essere nuove elezioni fino alla metà del prossimo anno e nessuno dei tre blocchi all'interno dell'Assemblea nazionale francese è in grado di raggiungere la maggioranza.
Non bastasse, la crisi di Parigi si accompagna al malessere dell'altra potenza economica e politica dell'Ue, la Germania. L'anno prossimo il più grande Stato del blocco sarà anche quello con i risultati peggiori dal punto di vista economico: secondo le previsioni della Commissione europea il prossimo anno la Germania crescerà dello 0,7 per cento, dopo aver subito una contrazione nel 2024.
In più anche Berlino sta affrontando i suoi problemi politici. La coalizione tripartitica al governo si è spaccata a novembre, a seguito di disaccordi sulla politica fiscale tra il leader socialista Olaf Scholz e il suo ministro delle Finanze liberale Christian Lindner. Scholz ha indetto elezioni anticipate per il 23 febbraio.
Durante il caos governativo, Berlino non ha inviato all'Ue alcun piano su come affrontare il deficit nei prossimi anni, nonostante abbia guidato la richiesta politica di regole fiscali rigorose da parte di Bruxelles.
Il vuoto politico a Berlino e a Parigi ostacola gli sforzi per affrontare le sfide europee
Questo vuoto politico rischia di ostacolare gli sforzi più ampi per affrontare il rallentamento dell'economia europea e le sfide commerciali e geopolitiche che Bruxelles dovrà affrontare nell'immediato futuro.Le relazioni con il principale partner commerciale, la Cina, si fanno sempre più gelide, con l'Ue che cerca di "svincolarsi" dall'avversario geopolitico, sempre più agguerrito. Mentre la promessa del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump di imporre tariffe del 10 per cento sui beni europei rappresenterà un ulteriore grattacapo.
Inoltre, la minaccia di un'aggressione russa e il possibile allontanamento degli Stati Uniti dalla Nato comporteranno per l'Europa la necessità di mettere mano al portafogli per investire nel settore militare.
Negli ultimi mesi Mario Draghi ed Enrico Letta hanno poi lanciato cupi avvertimenti sulla competitività europea, che è stata di gran lunga superata dagli Stati Uniti. Ma con poche indicazioni da Parigi e Berlino, le due capitali considerate i motori del progetto europeo, non è chiaro se le soluzioni proposte saranno ascoltate.
Draghi e Letta hanno proposto alcune idee politicamente difficili: prestiti comuni tramite euro-obbligazioni, la costruzione di mercati dei capitali, o un nuovo fondo di investimento paneuropeo, che corrisponda ai massicci sussidi statunitensi per la tecnologia verde.
In pratica, queste idee potrebbero comportare la condivisione dei rischi con altri governi, l'aumento dei contributi finanziari a Bruxelles, l'ulteriore riforma dei sistemi pensionistici o l'eliminazione delle autorità di vigilanza finanziaria nazionali. Si tratta di un mix politico tossico per qualsiasi governo nazionale, ancor di più per uno fatalmente indebolito.