Investing.com - Finita la pausa estiva è tempo di pensare alla prossima legge di bilancio. Gli sforzi principali del governo italiano nei prossimi mesi saranno incanalati nella difesa degli stipendi e delle pensioni dall’inflazione. Dunque, per vedere una riforma previdenziale strutturale che superi definitivamente la legge Fornero bisognerà attendere almeno il 2025.
L’opzione più accreditata è quella del rinnovo di quota 103, che secondo la ragioneria di Stato costerebbe all’Italia circa 4 miliardi per il 2024. La spesa maggiore, tuttavia, deriverebbe proprio dall’adeguamento delle pensioni all’inflazione che peserebbe nei conti dello Stato per circa 13 miliardi, poco meno della metà dell’intera manovra. Nella precedente legge di Bilancio la soluzione è stata quella di tagliare l’adeguamento per fasce, a partire dalle pensioni superiori a 4 volte la soglia minima, ma in ogni caso, gli spazi per ulteriori manovre in campo pensionistico restano ridotti. (Per approfondire, ecco come proteggere i risparmi dall'inflazione).
Dovrebbe quindi restare esclusa l’ipotesi Quota 41 sostenuta dalla lega di Matteo Salvini. Dare ai lavoratori la possibilità di uscire dal lavoro con 41 anni di contributi versati a prescindere dall’età anagrafica, secondo la Lega costerebbe circa 3,5 miliardi nei primi due anni, ma non sarebbe conveniente per tutti gli aventi diritto, dato che il calcolo avverrebbe esclusivamente sul sistema contributivo. Per questo motivo, il governo preferisce investire il tesoretto da 6-7 miliardi attualmente a disposizione su altri fronti.
Prima di tutto c’è da evitare lo stop che scatterà l’1 gennaio 2024 al taglio del cuneo fiscale per i lavoratori con retribuzione lorda fino a 35mila euro, introdotto dal governo Draghi e confermato per il 2023dall’esecutivo di Giorgia Meloni. La proroga costerebbe circa 10 miliardi ed eviterebbe ai lavoratori di perdere tra i 40 e i 110 euro in busta paga.
C’è poi il nodo nuove nascite su cui il governo vuole concentrarsi introducendo il quoziente familiare. Quest’ultimo è un problema ben più urgente rispetto alle pensioni anche per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti secondo cui, come recentemente dichiarato, in Italia “con questa natalità non è possibile alcun tipo di riforma previdenziale”.
Non ci sarà spazio nemmeno per la proposta di Forza Italia di alzare le minime a 700 euro. Cifra comunque superiore a quella che potrebbe prendere buona parte dei pensionati del futuro. Secondo un report della Corte dei conti stilato su 1700 uomini e donne che, al 31 dicembre 2020, avevano 40 anni, il 28% del campione percepisce una retribuzione lorda inferiore ai 20mila euro annui, con conseguenti versamenti previdenziali molto bassi. Anche allargando lo sguardo oltre i 40enni, il 40% dei lavoratori non supera i 15 mila euro lordi annui di contributi, una soglia che non può garantire una pensione adeguata.