a cura di Livio Spadaro, Senior Portfolio Manager di Frame Asset Management
Il rimbalzo dei rendimenti obbligazionari, che ha visto in particolare quello del Treasury a 10 anni tornare sulla soglia del 4.5%, ha fatto si che ad oggi i bond continuino ad essere piu’ attrattivi dell’azionario americano dato che il premio al rischio dell’indice S&P500 risulta negativo per la prima volta da 22 anni. Da notare che il grosso del premio per il rischio del listino americano è stato trainato da quello delle Magnifiche 7 che è profondamente negativo, se si prendesse l’indice equipesato il premio sarebbe ancora positivo. Un altro record da registrare per il 2024 è l’andamento degli spread creditizi. Quelli dell’Investment Grade americano sono diminuiti allo 0.80%, livello piu’ basso dal Marzo 2005, mentre quelli dell’High Yield si sono stretti al 2.74%, livello piu’ contenuto da Giugno 2007. Da attenzionare è l’obbligazionario cinese che sembra aver indossato una veste nipponica a causa della sempre crescente pressione per nuovi stimoli monetari/fiscali.
La vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane ha, come si è visto, dato ancora piu’ benzina a Wall Street per mettere a segno una performance annuale con pochi precedenti alimentando ancor di piu’ la divergenza il relazione agli altri mercati globali. Divergenza che, per quanto notabile quest’anno, è in atto già da diversi anni. Se si guarda ancora piu’ indietro nel tempo, gli anni in cui Wall Street ha sotto-performato il resto del mondo sono stati abbastanza rari, dalla Grande Crisi Finanziaria del 2008 i mercati americani sono stati piuttosto stabili nel « battere » il benchmark globale.
Tuttavia, se si guarda a metriche valutative l’eccezionalismo degli Stati Uniti potrebbe non durare ancora a lungo. Anche in termini assoluti, se si prende il trailing P/E dello S&P500 si puo’ vedere che si sta registrando la quarta maggiore valutazione degli ultimi 124 anni. Questa corsa agli asset americani è giustificata in parte dall’outlook di crescita economica degli States che tra le economie avanzate è il Paese che darà il maggiore contributo stando alle stime del Fondo Monetario Internazionale. Gli utili delle aziende USA, rivisti moderatamente a ribasso, sono comunque previsti in crescita con una minore divergenza tra le Magnifiche 7 e il resto del mercato, motivo per cui si è assistita a una certa rotazione tra la fine di Novembre e gli inizi di Dicembre. C’è da dire che la performance dello S&P500 non risulta connessa alle stime sugli utili ma sembra dovuta a una espansione delle valutazioni per effetto del riversamento degli investitori sul mercato americano dagli altri mercati. Le aziende US godono comunque di buona salute, la crescita dei ricavi è accelerata al ritmo piu’ veloce dall’inizio del 2022.
Tuttavia, è possibile che l’incremento degli utili stimati per il 2025 sia comunque troppo ottimistico per la crescita economica attesa per il prossimo anno soprattutto dato che l’inflazione ha dato segnali di risveglio negli ultimi mesi. Visti gli ultimi dati, è improbabile che l’inflazione americana raggiunga il target del 2% fissato dalla Federal Reserve nel breve termine, quest’ultima probabilmete sarà forzata a rivedere a rialzo le stime sia della crescita del PIL che dell’inflazione allontanando le ipotesi dei mercati per il pattern futuro di taglio dei tassi di interesse. Da notare che la Fed ha assunto una postura, a parole, da « falco » dopo le elezioni americane, è probabile che i membri della banca centrale siano preoccupati dall’introduzione dei dazi e dalla politica fiscale che Trump intende perseguire (ampiamente espansiva).
Se si amplia lo zoom a livello globale, per la fine dell’anno circa l’80% delle principali banche centrali saranno in modalità espansiva su picchi simili intravisti dopo la pandemia, la grande crisi finanziaria e l’esplosione della bolla tech. La stance aggressiva di espansione monetaria è presente in un momento in cui la crescita globale risulta ancora stabile su buoni livelli, in netta contrapposizione nei periodi in cui i tagli dei tassi ad alto ritmo si sono materializzati a fronte di crisi evidenti. Oltretutto, il problema della pressione inflazionistica persiste non solo negli USA ma a livello globale. Tutto questo si traduce nella possibilità che nel 2025 si avrà una crescita economica tale da non supportare un calo dei rendimenti/tassi e dall’altro a non sostenere la crescita degli utili ipotizzata. C’è da dire che l’implementazione eventuale dei dazi americani avrà un costo, per i consumatori americani in termini di aumento dei prezzi finali con ripercussioni sull’inflazione. Per il resto del mondo, avranno un impatto sulla crescita economica di ogni singolo Paese in base alla singola relazione commerciale con gli USA.
In un contesto simile di reminescenze inflattive e una crescita economica meno sostenuta, un ruolo lo giocano gli asset reali. Su alcuni asset in particolare, un ruolo lo possono giocare i fondamentali stessi come per l’Argento. Per l’Oro le stesse banche centrali rappresentano un driver, molte di esse vedono nel metallo giallo l’opportunità di ricostituire le proprie riserve a scapito del Dollaro. Il Bitcoin puo’ essere un’alternativa, finchè la liquidità globale viene mantenuta ma in caso di insorgenze inflattive e una stance piu’ restrittiva delle banche centrali, la cryptovaluta non è un buon posto dove mettersi al sicuro. Per l’azionario, lo scenario non è per forza negativo ma impone in una certa misura una maggiore abilità nello scegliere i settori e le aree geografiche. Una scommessa per il 2025 potrebbe essere proprio quella di puntare su settori « abbandonati » dagli investitori e sovra-pesare meno quelli che invece hanno goduto maggiormente sinora dei favori del mercato.
Questo anche in forza dell’eventuale implementazione dei dazi, che per ora è piu’ una minaccia negoziale che non una vera volontà di essere messi in pratica anche se i rapporti commerciali tra Cina e USA si stanno già inasprendo con le ultime azioni intraprese dall’amministrazione Biden (ban dell’export di chip ad alto contenuto tecnologico) e dalla Cina (embargo dei materiali per la produzione di chip). Ipotizzando un peggioramento delle relazioni commerciali tra gli States e il resto del mondo, il Tech non gode di un outlook favorevole. Tenendo poi presente che alcuni settori beneficeranno comunque di maggiori investimenti pubblici : Difesa e Aerospazio, Nucleare e Spazio. Geograficamente, gli Stati Uniti restano effettivamente il posto migliore dove investire anche per via del fatto che l’Europa è economicamente pressata dalla possibile introduzione dei dazi in un momento non favorevole per le principali economie europee e dal mancato apporto dell’export verso l’Asia. Inoltre, la crisi politica in Francia e in Germania pone maggiore incertezza per un investitore, tuttavia Paesi come la Spagna continuano a osservare un buon andamento economico. La Cina, aldilà dei dazi, resta una scommessa piu’ che altro politica. Gli spike dei mercati azionari locali sono stati quasi sempre dovuti a un’aspettativa per ulteriori sforzi fiscali-monetari delle autorità locali piuttosto che non per una vera convinzione sulla ripresa dell’economia cinese.
Come stile di investimento, quindi, il 2025 potrebbe premiare piu’ il Value del Growth mentre tra le strategie le direzionali tematiche, multi-asset, flessibili, market-neutral potranno avere un ruolo in un anno che non si prospetta per forza negativo ma probabilmente volatile. L’obbligazionario ha rendimenti da offrire sulla parte corta delle curve che restano il posto migliore dove estrarre carry senza offrire volatilità al portafoglio aumentando la Duration.