L’accordo inaspettato fra i membri dell’OPEC ha impresso una spinta considerevole sui prezzi del greggio.
Ieri il West Texas Intermediate ha guadagnato il 10,50% e ora sta testando di nuovo la soglia dei 50 USD.
Sull’altra sponda dell’Atlantico, il greggio Brent ha avuto un andamento analogo, salendo del 12% e superando il livello a 50 USD per raggiungere quota 52,70 USD.
Il cartello ha deciso di tagliare la produzione giornaliera di 1,2 milioni di barili, per un totale di 32,5 milioni di barili; i paesi del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, EAU e Qatar) e l’Iraq sosterranno gran parte dei tagli, invece l’Iran ha negoziato per sé condizioni migliori.
Per ora i mercati finanziari hanno accolto positivamente la notizia, facendo salire i prezzi del greggio; prima di diventare rialzisti sul petrolio, preferiamo aspettare per capire se i membri dell’OPEC rispetteranno davvero l’accordo, attuando i tagli.
Giovedì l’USD ha subito pressioni, cedendo terreno contro le valute G10.
L’indice del dollaro ha ceduto lo 0,23%, in calo a 101,27, mentre euro, yen giapponese e sterlina britannica hanno guadagnato circa lo 0,30%. Nel medio termine, l’EUR/USD si muove ancora nella fascia compresa fra 1,05 e 1,06, mentre gli investitori attendono la riunione della BCE della prossima settimana, durante la quale Draghi dovrebbe annunciare degli aggiustamenti al programma di allentamento quantitativo della banca.
Durante la seduta asiatica, l’USD/JPY ha testato un supporto chiave, salendo a 114,83, livello massimo da febbraio.
La coppia, però, non è riuscita a violare quest’ultima resistenza al rialzo ed è scesa di nuovo verso quota 114. Sul fronte dei dati, nel terzo trimestre le aziende giapponesi hanno ridotto la spesa di capitale, che si è contratta dell’1,3% a/a, perché durante i mesi estivi lo yen si è mosso su livelli elevati.
Tuttavia, se la recente debolezza dello yen persisterà, le aziende giapponesi potrebbero rivedere la loro spesa per approfittare della situazione, favorevole alle esportazioni.
Giovedì le borse regionali asiatiche hanno esteso i guadagni: in Giappone, il Nikkei è salito dell’1,12% e il più ampio indice Topix dello 0,94%.
Nella Cina continentale, gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen sono saliti rispettivamente dello 0,72% e dello 0,62%.
Sulle piazze offshore, l’Hang Seng di Hong Kong è lievitato dello 0,42%, il Taiex di Taiwan dello 0,25%.
Infine, i future sui listini europei non hanno seguito l’esempio dell’Asia, la maggior parte si muove, infatti, in territorio negativo.
Oggi gli operatori monitoreranno i PMI manifatturieri in Norvegia, Italia, Svizzera, Francia, Germania, Spagna, Sudafrica, Eurozona, Regno Unito, Brasile e Stati Uniti; l’ISM manifatturiero, la spesa nel settore costruzioni e le richieste iniziali di disoccupazione negli USA.