L’effetto delle iniziative più recenti delle Banche Centrali inizia a farsi sentire sull’andamento dei tassi d’interesse in Europa: lo scorso 15 febbraio, infatti, i BTP decennali italiani hanno toccato l’1,91% facendo segnare quasi il raddoppio rispetto all’inizio dell’anno quando eravamo all’1,18%.
Lo stesso trend si può vedere anche negli altri Paesi dell’Eurozona: la Spagna passa da 0,59% a 1,28%, il Portogallo da 0,48% a 1,15%, la Francia da 0,19% a 0,75% e la Germania abbandona il territorio negativo passando da -0,17% a 0,27%.
Problemi in arrivo per l’Italia?
L’effetto BCE si sente e nel nostro Paese è acuito, come sempre, dalla situazione debitoria pregressa che rende l’Italia un porto meno “sicuro” per gli investitori che chiedono una maggiore remunerazione per prestare i soldi al bel Paese.
L’aumento del costo del denaro, unitamente al caro-energia, rappresenta un combinato disposto di criticità che a medio termine bisognerà affrontare e la prosecuzione della ripresa sarà inevitabilmente ancorata alla capacità di agganciare il trend dell’innovazione anche grazie al PNRR, probabile “ultima chiamata” per l’economia tricolore.
La sfida della crescita sostenibile: verso una fase nuova?
L’economia mondiale è chiamata ad una sfida importante, probabilmente quasi inedita per chi ha osservato i mercati nell’ultimo decennio: riuscire a crescere con le Banche Centrali meno accomodanti e con la necessità di frenare l’inflazione che, secondo molti analisti, sarebbe quasi fuori controllo.
Già, l’inflazione è la prima preoccupazione se consideriamo che negli Stati Uniti a gennaio ha fatto segnare un esorbitante +7,5% mentre nell’area Euro siamo ad un non bellissimo +5%.
Di qui gli interventi, di fatto già noti e annunciati da tempo, mirati a tenere sotto controllo i prezzi, per quanto possibile.
Jerome Powell, numero uno della FED, è stato piuttosto chiaro al riguardo affermando la necessità di porre un freno alle manovre espansive anche perché l’economia, nel complesso, dà segnali piuttosto positivi che non giustificherebbero più il supporto enorme degli ultimi tempi.
Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti ha toccato quota 4%, vicinissimo al 3,7% pre-Covid. Il PIL USA del quarto trimestre 2022 ha fatto segnare +6,9% rispetto al trimestre precedente e le trimestrali delle principali aziende restituiscono un quadro nel complesso positivo.
Dalla “nostra” parte dell’Oceano la situazione è simile: anche in Europa la disoccupazione è scesa ai livelli pre-Covid (7%) ed il PIL a gennaio su base annua ha fatto registrare un incoraggiante +4,6%.
La sfida dei prossimi anni sarà rendere la crescita sostenibile, cioè di fare in modo che i grandi investimenti pubblici e privati degli ultimi tempi possano tradurre in utili quelle che nell’ultimo biennio sono state spesso soltanto aspettative.
Le aspettative, nel breve, fanno muovere i mercati anche in maniera frenetica e spesso irrazionale.
La sostenibilità di lungo periodo, però, si fa con la sostanza ed il Mondo è chiamato a svilupparsi in una fase nuova, fatta di misure meno accomodanti dopo anni di spinta monetaria che ha portato capitali enormi sul mercato azionario.
L'andamento dei mercati sarà quindi, inevitabilmente, influenzato dalla capacità delle aziende di tradurre in fatti l'apertura di credito dell'ultimo biennio non deludendo le aspettative che, soprattutto su alcuni settori, sono cresciute notevolmente.