La popolazione mondiale ammonta ormai a circa 8 miliardi di persone ed il relativo tasso di crescita non sembra affatto voler stabilizzarsi. In 200 anni, è aumentata di circa l'800% e le evidenze empiriche, mostrano come tale valore sia in procinto di un'ulteriore spinta rialzista in previsione di una nuova era post pandemica. Ciò che è emerso da studi accademici legati al settore sociale ed ambientale è che tale fattore, potrebbe portare con sé eventi negativi ed irreversibili sulla nostra società. Occorre però fare attenzione e ponderare con dati statistici le proprie considerazioni: quando si sente parlare di "sovrappopolazione", sebbene il lettore spesso tenda a semplificare il ragionamento logico imponendo semplicemente un parallelismo inverso tra benessere personale e aumento della popolazione, nella pratica occorre impostare sempre un ragionamento binario, che mostri il trade off esistente tra benessere sociale e sostenibilità ambientale.
Più semplicemente, se ad esempio si concentrasse l’attenzione esclusivamente sulla questione “qualità della vita”, dovremo cercare di rispondere a questa domanda:
"La sovrappopolazione è la principale causa della diminuzione della qualità della vita?"
I dati mostrano come in realtà, il benessere nei paesi tecnologicamente progrediti, sia aumentato in corrispondenza dell'aumento della popolazione. Quindi, ad un aumento della popolazione, tipicamente corrisponde un miglioramento del benessere sociale della stessa.
Inversamente, il prezzo del miglioramento del benessere sociale, lo si deve misurare in termini di consumo.
In corrispondenza di un deciso incremento del tasso di natalità (ad esempio), e progressivo o parallelo invecchiamento della popolazione, il consumo delle risorse a disposizione di un paese aumenta esponenzialmente.
Difatti, affrontando la questione da un punto di vista globale, il consumo delle risorse naturali del nostro pianeta è aumentato vertiginosamente nell'ultimo decennio: abbiamo consumato più acqua, cibo, energia, creiamo una maggior quantità di rifiuti ed emettiamo maggiori quantità di gas serra in atmosfera amplificando drasticamente i rischi di catastrofi ambientali.
Per comprendere meglio il trade off, occorre quindi domandarsi: "Cosa accadrebbe se cercassimo di contenere l’aumento della popolazione?"
La risposta è meno banale di quanto si pensi in quanto, per rispondere in maniera corretta, occorre considerare nuovamente il suddetto trade off esistente tra benessere sociale e consumo.
Da un punto di vista politico-economico, lavorare esclusivamente sul controllo del tasso di natalità, non porta ad alcun tipo di beneficio concorrenziale. Un paese che impone vincoli di natalità, finirebbe per creare dei deficit rilevanti e una consistente perdita di potere commerciale nei confronti degli altri paesi concorrenti. Questo, naturalmente, si rifletterebbe sul benessere sociale della popolazione, diminuendo la qualità della vita stessa. Allo stesso modo, è possibile dimostrare che lavorare esclusivamente sul contenimento del parametro quantitativo della popolazione non risolverebbe neanche completamente i problemi legati al consumo in quanto, spesso, il benessere sociale è una variabile particolarmente correlata al grado di alfabetizzazione della popolazione e quindi alla relativa sensibilizzazione su temi riguardanti la sostenibilità ambientale.
Occorre quindi lavorare su parametri qualitativi:
In primis, su un consumo più razionale delle risorse da un punto di vista familiare, poi occorre trovare una soluzione da un punto di vista privato ed infine da un punto di vista pubblico.
Da un punto di vista familiare, lavorare sulla sostenibilità dei propri consumi attraverso una modificazione delle proprie abitudini è tecnicamente considerata la soluzione migliore ma praticamente, presenta dei problemi di attuazione non di poco conto.
Le evidenze mostrate dagli studi comportamentali spiegano come le persone abbiano difficoltà a cambiare stile di vita nel breve periodo.
A fronte di questo bisogno, interviene il comparto privato che propone come soluzione al problema, la tecnologia. Il comparto pubblico conferma questa strada, mostrando incentivi (ed obblighi) volti allo sviluppo tecnologico.
In sostanza, il driver principale del futuro è senza ombra di dubbio lo sviluppo tecnologico, considerato come lo strumento migliore per mantenere alto il benessere sociale della popolazione ed allo stesso tempo, cercare di non peggiorare il relativo trade off con il consumo.
Visto il progressivo peggioramento delle condizioni ambientali del nostro pianeta, il progressivo aumento della popolazione mondiale, e l’aumento dell’aspettativa sul benessere sociale, è quasi imperativo orientare le risorse finanziarie verso lo sviluppo e l’implementazione di soluzioni tecnologiche.
In materia di mercati finanziari, questa conclusione la si potrebbe utilizzare come uno strumento di orientamento per i propri investimenti long term.
Come afferma Jeff Bezos in una famosa lettera scritta ad i propri azionisti: “molto frequentemente mi pongono la domanda: cosa cambierà nei prossimi 10 anni? Ma non ricevo quasi mai la domanda: cosa NON cambierà nei prossimi 10 anni?, che secondo me è più interessante. E’ fondamentale costruire la tua strategia su cose che rimangono stabili nel tempo.”
Naturalmente, Bezos si riferisce al proprio Business, Amazon (NASDAQ:AMZN), ma questa chiave di lettura può essere specularmente adattata al settore degli investimenti.
Il benessere della popolazione sarà sempre un obiettivo da perseguire per ogni paese. La lotta ai danni ambientali causati dagli eccessi nel consumo, è diventata un must ed una chiara esigenza globale.
Per concludere, quindi, da questa prospettiva, i P/E anomali delle società tecnologiche, potrebbero essere facilmente giustificati dalle enormi aspettative di crescita degli operatori riguardo al settore.
Quindi, superato questo periodo di turbolenze macroeconomiche, sul mercato tech, potrebbero esserci delle occasioni di investimento non di poco conto.
Questo perché i dati parlano chiaro, la tecnologia sarà un driver fondamentale del futuro.