L’azionario USA ha recuperato più del 3% dopo che il Dow ha chiuso in calo del 12,93%, e l’S&P500 e il Nasdaq sono precipitati dell’11,98% e del 12,32%, nella peggiore ondata di vendite dal 1987. Il mercato ha completamento ignorato il taglio della Fed da 100 punti base. La Riksbank ha ampliato il suo pacchetto di aiuti con acquisti aggiuntivi di titoli per SEK 300 miliardi e la Banca d’Inghilterra (BoE) si è detta pronta a intervenire tempestivamente in caso di necessità. Ma ciò di cui hanno bisogno le piccole e medie imprese è un’iniezione diretta di denaro, senza passare per il sistema finanziario.
Ecco perché i governi in tutto il mondo stanno valutando nuove misure per calmare i nervi dei mercati. Il Regno Unito ha promesso ulteriori aiuti alle imprese che devono far fronte al rallentamento provocato dal virus e alle chiusure temporanee delle attività. La Francia ha promesso prestiti bancari per 300 miliardi di euro per le aziende colpite dalla pandemia. La Spagna ha vietato per un mese le vendite allo scoperto, per contenere la forte volatilità che potrebbe causare ulteriori danni al sistema finanziario.
Scambi contrastati in Asia. L’ASX 200 è rimbalzato del 5,83%, Nikkei (+0,57%) e Hang Seng (+0,75%) hanno registrato timidi guadagni, mentre in Corea del Sud (-2,38%) e a Taiwan (-2,26%) è continuata la corsa al ribasso.
Stando ai future su FTSE (+2,46%) e DAX (+2,22%), potrebbe esserci un recupero in avvio di seduta.
Tuttavia, i rialzi che vediamo restano molto vulnerabili, l’azionario ormai è alla frutta, dopo un mese di crolli pesanti. E le preoccupazioni non finiscono, perché desso s’inizia a vedere concretamente l’impatto dell’epidemia di coronavirus sui dati economici.
L’indice Empire State Manufacturing riferito allo stato di New York, diffuso ieri, è precipitato a -21,5 punti a marzo, a fronte dei +4 previsti dagli analisti e dei +12,90 del mese precedente. In Svizzera, a febbraio i prezzi alla produzione si sono sgonfiati del 2,1%, rispetto al -1,0% del mese precedente. L’indice giapponese Tankan è affondato, da -5, a -20 a marzo. A febbraio, le esportazioni, al netto dei prodotti petroliferi, di Singapore sono calate del 4,80%, più del -4,50% stimato dagli analisti e in forte calo rispetto al +4,50% registrato a gennaio.
Il dato ZEW sul sentiment economico in Germania, che sarà pubblicato oggi, dovrebbe confermare un cedimento colossale, a -26,4 punti a marzo, dagli 8,7 punti del mese precedente. La debolezza del dollaro USA fornisce un po’ di supporto alla coppia EUR/USD, ma sotto il livello a 1,12 ci sono discrete offerte. Il ridursi del differenziale fra i tassi favorisce un rafforzamento dell’euro contro il dollaro USA, per cui i cali potrebbero essere interessanti opportunità di acquisto sui minimi per rafforzare la base di posizioni lunghe sull’euro.
Nel Regno Unito, a febbraio la variazione nel numero di richieste di disoccupazione potrebbe essere balzata a 21.400 mila unità, dalle 5.500 del mese precedente. Questa cifra dovrebbe peggiorare molto dal mese prossimo, perché la chiusura delle imprese provocherà migliaia di nuovi disoccupati, per lo meno nel breve termine. Inoltre, i governi europei sono impegnati a combattere il coronavirus; ciò significa che i negoziati per la Brexit stanno subendo, e subiranno, delle interruzioni. Per il momento Boris Johnson si attiene alla scadenza per la Brexit, facendo diminuire la probabilità di concludere un accordo sull’uscita con i governi europei. Verosimilmente la sterlina rimarrà sotto pressione per le apprensioni legate a una Brexit senza accordo, in una fase in cui ha bisogno del massimo supporto economico dagli altri paesi e dalle colombe della BoE. Il cable potrebbe indebolirsi fin verso il livello a 1,20.
Infine, negli USA le vendite al dettaglio dovrebbero salire dello 0,2% a febbraio, rispetto allo 0,3% del mese precedente, ma anche negli USA, è solo questione di tempo, le cifre sulla crescita delle vendite diventeranno negative.
Vista la caterva di dati economici che dovrebbero confermare il forte impatto negativo del coronavirus sull’economia mondiale e il disinteresse degli investitori per le misure monetarie e fiscali volte a contenere la crisi, riteniamo sempre più probabili ulteriori divieti delle vendite allo scoperto per arginare, nell’immediato, le pressioni ribassiste sui mercati finanziari.