La Russia ha preso a sberle gli investitori rifiutando di allinearsi alla decisione dell’OPEC, presa al vertice di Vienna della scorsa settimana, di tagliare ulteriormente la produzione per compensare il crollo della domanda di petrolio provocata dall’epidemia di coronavirus.
Lunedì, in avvio di contrattazioni, il petrolio è crollato più del 30%, registrando la flessione maggiore dal 1991. Il greggio WTI è precipitato sotto i $30 al barile sulla scia dell’enorme delusione degli investitori e delle crescenti apprensioni circa la futura collaborazione russa. Il Brent è sceso a $31.
Anche i mercati azionari hanno aperto la settimana con vendite colossali. Il Nikkei ha ceduto fino al 6%, il CSI 300 e l’Hang Seng hanno bruciato rispettivamente il 3,42% e il 4,24%, mentre l’ASX 200 affondava del 7,33% sul crollo dei prezzi del petrolio.
I future sui listini USA mostrano un calo fino al limite massimo del 5%, provocando il curb trading.
Gli indici europei si preparano a un altro avvio caotico. I trading sui future indicano che il FTSE 100, ad alto tasso di titoli tecnologici, in apertura potrebbe scendere sotto la soglia dei 6000 punti. I titoli dell’energia subiranno sicuramente un duro colpo, massacrati dal pesante crollo dei prezzi del petrolio.
Il rendimento dei decennali USA è precipitato sotto lo 0,50%, e l’intera curva dei rendimenti USA, con scadenze dai 3 mesi ai 30 anni, è crollata sotto l’1% per la prima volta nella storia.
L’EUR/USD è balzato a 1,1485 sulle pesanti liquidazioni di dollaro USA. Il cable ha recuperato, portandosi sopra il livello a 1,30.
Lo yen e il franco svizzero sono in rialzo per la massiccia corsa dei capitali verso i beni rifugio. L’USD/JPY è affondato sotto 103 per la prima volta dall’ottobre 2016. L’USD/CHF è passato brevemente di mano sotto il livello 0,92.
Il rialzo dell’oro è rimasto però circoscritto sotto i $1700 all’oncia, perché si teme che la correlazione negativa fra oro e azionario s’interrompa di nuovo, lasciando gli investitori senza protezioni in condizioni di mercato così turbolente.
Le aspettative sulle prossime mosse della Federal Reserve (Fed) sono impazzite. Ora l’attività sui titoli del Tesoro USA suggerisce una probabilità del 70% di un taglio di 75 punti base alla prossima riunione di politica monetaria e del 30% di un taglio di 100 punti base. Non siamo nemmeno certi che un intervento corposo della Fed sia in grado di calmare i mercati, considerando che gli investitori hanno già fatto sapere alla Fed che il problema non sono i tassi bassi, ma le interruzioni delle catene di fornitura. Le Fed, però, ha le mani legate. Un taglio di 50 punti base è il minimo che ci aspettiamo dalla riunione del FOMC della prossima settimana.
Sicuramente sembra esserci, a questo punto, un grave scollamento fra il potenziale dello shock da coronavirus sulle economie e i prezzi di mercato. Potrebbe esserci addirittura una discrepanza fra le misure prese per contenere il virus e la gravità delle sue implicazioni sulla salute. È sensato ricordare che, per quanto il Covid-19 sia un virus altamente contagioso, ogni anno la tipica influenza di stagione provoca molte più vittime.
I dati economici diffusi finora negli USA mostrano che i timori per il coronavirus non si sono concretizzati nella misura prevista. Il solido rapporto sull’occupazione pubblicato venerdì negli USA mostra che, a febbraio, l’economia statunitense ha creato 273.000 nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo, quasi 100.000 più del previsto. La cifra suggerisce che l’economia USA rimane in una “buona posizione” e dovrebbe essere in grado di far fronte allo shock da coronavirus. L’attuale ondata di vendite è pertanto il frutto del binomio composto da speculazioni e panico amplificato provocati dal coronavirus, ma che non riflette la vera portata dell’epidemia.
Certo, siamo perfettamente consapevoli che le speculazioni sono un gioco pericoloso. E, poiché non si basano necessariamente sui fatti, è difficile prevedere fino a che punto esse trascineranno i mercati.
Crediamo che, una volta superato lo shock dell’OPEC, si tornerà gradualmente a valutare una correzione al rialzo, giustificata, dell’attuale mercato ribassista. La revisione delle aspettative sulle banche centrali potrebbe tuttavia intaccare la ripresa nel medio termine.