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USD molto richiesto dopo i commenti accomodanti di Draghi

Pubblicato 22.01.2016, 10:23
Aggiornato 07.03.2022, 11:10

Come ampiamente previsto, la BCE ha lasciato invariati i tassi. Il mercato, però, non si aspettava un messaggio così accomodante da Mario Draghi.

Il presidente della BCE ha enfatizzato i rischi al ribasso per l’inflazione, evidenziando “l’accresciuta incertezza sulle prospettive di crescita delle economie dei mercati emergenti, la volatilità sui mercati finanziari e delle materie prime e i rischi geopolitici.

In questo contesto, anche le dinamiche dell’inflazione dell’Eurozona continuano a essere più deboli del previsto”. I cambi denominati in EUR sono pertanto calati bruscamente durante la conferenza stampa, perché Draghi ha detto chiaramente che alla prossima riunione di marzo sarà necessaria una revisione dell’impostazione monetaria della BCE.

L’EUR/USD ha perso un centesimo e mezzo, scendendo a 1,0778, mentre l’EUR/JPY è crollato ai minimi da 9 mesi a 126,17. Ciò nonostante, abbiamo la sensazione che il mercato questa volta abbia preso i commenti di Draghi con le pinze, per essere certo di non ripetere gli errori del 3 dicembre. I cambi in EUR sono così tornati ai livelli precedenti alla riunione della BCE; tuttavia, per la moneta unica il giudizio è negativo, soprattutto contro USD e JPY. Inoltre, non ci sorprenderebbe assistere a un’inversione delle valute legate alle materie prime contro l’euro, perché la pressione sui prezzi delle materie prime si è attenuata con lo stabilizzarsi dei mercati finanziari.

L’EUR/AUD ha già ceduto il 2,40% in scia alla conferenza stampa, si osserva un supporto a 1,5341 (minimo 13 gennaio); la violazione di questo livello spianerebbe la strada verso quello successivo, che giace intorno a 1,50.

In Asia, stamattina gli indici azionari regionali sono positivi, sui mercati finanziari soffia una ventata di ottimismo. Ovviamente, l’odierna ripresa dei prezzi del greggio sta dando una spinta al rialzo alle borse. I future sul WTI (West Texas Intermediate) sono in rialzo del 4,27%, quelli sul Brent del 5,0%, entrambi sono tornati sopra i 30 dollari al barile.

In Giappone, il Nikkei ha guadagnato il 5,88%, mentre a Hong Kong l’Hang Seng è salito del 3,14%. Nella Cina continentale, il rally è meno marcato, gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen hanno guadagnato rispettivamente l’1,25% e l’1,46%. In Europa, i future sui listini azionari puntano a un’apertura in rialzo, con il Footsie a +1,49%, il DAX a +2,19%, il CAC 40 a +1,76% e l’SMI a 1,76%.

Sul mercato dei cambi, stamattina l’USD viene richiesto diffusamente, invece le valute considerate rifugi sicuri e l’euro vanno male. Come spiegato sopra, i toni da colomba di Mario Draghi dovrebbero avere un effetto contenuto sulla moneta unica, perché gli operatori vogliono evitare di scontare troppo una potenziale estensione (aumento) del QE. Gran parte delle coppie denominate in EUR rimarrà quindi all’interno di fasce volatili, con un rischio asimmetrico al ribasso fino alla giornata cruciale del 10 marzo.

Oggi gli operatori monitoreranno i PMI manifatturieri di Markit in Francia, Germania, Eurozona e USA; le vendite al dettaglio in Danimarca, Canada e Regno Unito; il rapporto sull’inflazione di metà mese in Brasile; il rapporto IPC in Canada; le vendite di case esistenti e l’indice predittivo negli USA.

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