I mercati asiatici hanno aperto all’insegna della debolezza, perché agli investitori sono mancati catalizzatori che indicassero la direzione.
Il Nikkei è avanzato dello 0,26%, mentre l’Hang Seng e l’indice composito di Shanghai hanno ceduto rispettivamente lo 0,80% e lo 0,74%.
L’USD ha avuto un andamento contrastato, ma nessuna valuta si è imposta davvero sulle altre traendo vantaggi significativi.
Sul mercato asiatico dei cambi, il won coreano (KRW) ha perso lo 0,41% contro l’USD sulle notizie che riguardano la Samsung e dopo che il quotidiano coreano Economic Daily ha riferito che le autorità potrebbero rendere più rigide le regole sui mutui per contenere il debito delle famiglie.
Queste misure macro-prudenziali consentirebbero alla Banca di Corea (BoK) di allentare ulteriormente la politica, facendo indebolire il won, queste notizie continuano a pesare sull’economia basata sulle esportazioni.
Come avevamo previsto, non c’è stata un’ondata di vendite di baht tailandesi (THB), mentre la nazione continua a osservare il lutto per la morte del più longevo regnante al mondo.
Il cross USD/THB è passato di mano intorno al manico a 35,35.
Poiché gli eventi economici si concentrano verso la fine della settimana, prevediamo che la volatilità sarà bassa.
In Giappone, la produzione industriale è stata rivista al ribasso, all’1,3% m/m ad agosto, rispetto all’1,5% della stima precedente, ciò nonostante, l’USD/JPY rimane incollato allo spread fra i rendimenti e non reagisce al risultato moderatamente positivo, con la coppia che continua a muoversi intorno al manico a 104,00.
Kuroda (BoJ) ha ribadito che la banca centrale continuerà ad allentare la politica fintantoché l’inflazione non si stabilizzerà sul 2%, come si legge nel testo di un discorso pronunciato alla riunione dei direttori delle filiali della BoJ.
Sabato l’agenzia Nikkei ha riferito che la BoJ starebbe considerando una revisione al ribasso delle previsioni sulla crescita dei prezzi per l’anno fiscale 2017, questa revisione al ribasso, però, è conseguenza degli sviluppi precedenti, fra cui la debolezza dei prezzi delle materie prime, la forza dello JPY, il conseguente calo dei prezzi all’importazione e ovviamente l’andamento fiacco delle retribuzioni sull’onda della scarsa redditività delle imprese.
La coppia NZD/USD è riuscita a stabilizzarsi contro l’USD, perché gli operatori attendono la pubblicazione, domani, dell’IPC neozelandese riferito al T3.
Il vice governatore della RBA John McDermott ha affermato che prospettive d’inflazione deboli, segnalerebbero la necessità di ulteriori tagli del tasso; anche se ormai si sconta quasi del tutto un taglio del tasso, con un rilevamento debole, gli investitori metterebbero in conto un ulteriore taglio di 25 punti base.
Un dato deludente sull’inflazione eserciterà ulteriori pressioni sull’NZD, l’obiettivo degli operatori sarà 0,6960.
I prezzi del greggio balzellano, per ora la retorica sul taglio della produzione da una parte e l’aumento delle trivelle negli USA dall’altra fanno sì che il Petrolio Greggio WTI rimanga sopra il manico dei 50 dollar, tuttavia, poiché una coalizione di forze irachene sta pianificando la tanto attesa offensiva contro l’ISIS a Mosul, probabilmente crescerà l’incertezza in Medioriente.
Il rapporto semestrale sulla riserva valutaria del Ministero del Tesoro presentato al Congresso ha fatto emergere una variazione nella struttura dei deflussi di capitale dalla Cina.
Nel rapporto si legge che “gran parte dei nuovi deflussi di capitale privato dalla Cina è dovuta a un riequilibrio dei bilanci delle società cinesi e a investimenti diretti esteri cinesi in uscita”.
In un discorso, la presidente della Fed Yellen ha indicato che la strategia di politica monetaria dovrebbe consentire all’economia di “surriscaldarsi” per un periodo.
Non restringere subito la politica permetterebbe una ripresa degli effetti collaterali persistenti che una recessione profonda hanno sull’offerta.
Abbiamo già sentito in passato questa linea di pensiero da Yellen e Bernanke, ragion per cui non ci aspettiamo un rialzo nel 2016, i commenti dovrebbero dare un po’ di respiro ai sostenitori del rialzo, anche se oggi l’USD non si è mosso granché.
La probabilità di un rialzo del tasso a dicembre è ferma intorno al 65%, ma sospettiamo che possa scendere significativamente.
Oggi gli operatori monitoreranno l’indice Empire sul manifatturiero, il tasso di utilizzo degli impianti e la produzione industriale negli USA.