Market Brief
Come previsto, la Banca del Giappone (BoJ) ha mantenuto la sua politica invariata al -0,1%, perché il mercato deve ancora adattarsi al nuovo contesto di tassi d’interesse negativi.
Tuttavia, l’assenza di pressioni inflazionistiche suggerisce che la BoJ non avrà altra scelta se non quella di compiere un altro passo verso l’allentamento monetario, nel tentativo di stimolare le aspettative d’inflazione calanti.
Lo yen giapponese ha reagito positivamente alla notizia, l’USD/JPY è sceso a 113,30 dopo essere oscillato fra 114,14 e 113,22. Il supporto e la resistenza più vicini si trovano rispettivamente a 112,16 e 114,87. Sul fronte azionario, il Nikkei ha ceduto lo 0,68%, il più ampio indice Topix è sceso dello 0,57%.
L’ondata di vendite sull’azionario, per quanto contenuta, non ha riguardato solo il Giappone, anche i mercati regionali asiatici si sono mossi in territorio negativo.
L’Hang Seng di Hong Kong è sceso dello 0,64%. Nella Cina continentale, l’indice composito di Shenzhen ha ceduto lo 0,93%, quello di Shanghai ha guadagnato invece un marginale 0,17%. Le azioni sudcoreane sono scivolate dello 0,12%, il Taiex di Taiwan ha ceduto l’1,56% e il BSE Sensex 30 indiano lo 0,75%.
Riteniamo che questa piccola correzione del mercato fosse necessaria, soprattutto alla luce del brusco aumento degli ultimi giorni.
Per quanto riguarda le materie prime, gli investitori non hanno voglia di ridere e iniziano a chiedersi se il massiccio rally iniziato a gennaio stia per finire.
L’opinione, infatti, è che gli attuali prezzi delle materie prime, dal rame al petrolio, non siano giustificati dalla domanda e che quindi dovrà esserci un aggiustamento al ribasso.
Nella notte, il contratto future sul minerale di ferro sulla borsa delle materie prime di Dalian – con consegna a maggio – ha ceduto il 3,34%, calando a 419,50 yuan alla tonnellata. I future sul rame hanno ceduto l’1,10%, sull’Alluminio lo 0,53%, ilPetrolio Greggio WTI è scivolato dell’1,26%.
Di conseguenza, stamattina le valute legate alle materie prime sono state oggetto di vendite. Il dollaro canadese ha ceduto lo 0,69% contro il biglietto verde, mentre il greggio WTI è tornato a 36,70 dollari al barile.
Anche sul dollaro australiano sono aumentate le pressioni a vendere, dopo la svalutazione del minerale di ferro e del petrolio. L’AUD/USD è sceso a 0,7470, in calo di più dell’1% rispetto a lunedì. L’AUD troverà un’area di supporto intorno a 0,74 USD (soglia psicologica), mentre al rialzo si osserva una resistenza a 0,7594 (massimo 14 marzo) e poi a 0,7849 (massimo 15 gennaio).
L’EUR/USD ha annaspato intorno a 1,11, mentre il mercato attende le cifre sulle vendite al dettaglio e l’IPP di febbraio, in uscita oggi pomeriggio. Si prevede che le vendite siano calate dello 0,2% m/m, mentre i partecipanti al mercato si aspettano che i prezzi alla produzione siano scesi dello 0,2% m/m nel secondo mese dell’anno.
Il mercato è relativamente ribassista sul dollaro, quindi un buon risultato da questi indicatori potrebbe svegliare i tori del dollaro.
Oggi gli operatori monitoreranno l’IPC in Svezia e Italia; le vendite al dettaglio, l’IPP e l’indice Empire sul manifatturiero negli USA.