“Pensa in grande e fai le cose in grande.” (Donald Trump)
Inizia veramente l’età dell’oro? Le borse europee hanno chiuso in rialzo, con lo STOXX 600 a +0,1%, il FTSE 100 a +0,2%, il DAX a +0,4% e il CAC 40 a +0,3%. In controtendenza, il FTSE MIB ha registrato un calo dello 0,34%. Con Wall Street chiusa per festività, i mercati europei hanno tratto beneficio dalla stabilità dei rendimenti obbligazionari e dai toni accomodanti emersi durante il weekend. La membro del board della BCE Isabel Schnabel ha espresso sostegno a ulteriori tagli dei tassi, sebbene con un approccio cauto, mentre Holzmann ha sottolineato che un taglio a gennaio non è garantito. In Cina, il governo ha mantenuto invariati i tassi LPR a 1 e 5 anni, come previsto, mentre la politica monetaria più morbida della PBOC e i commenti favorevoli del governatore Pan Gongsheng alimentano la speculazione su futuri allentamenti, nonostante le preoccupazioni sulla debolezza dello yuan e l’impegno di Xi Jinping per la stabilità valutaria.
Focus sull’inflazione
Negli Stati Uniti, il focus resta sull’inflazione, con il core CPI di dicembre che ha segnato il ritmo più lento per i servizi dal marzo 2022, rafforzando le aspettative per 3-4 tagli dei tassi nel 2025, come indicato dal membro della Fed Waller. Inoltre, i mercati obbligazionari hanno beneficiato dei dati macro e di prospettive meno aggressive da parte della banca centrale. I primi risultati della stagione degli utili hanno visto le banche statunitensi fornire indicazioni positive, con JPMorgan, Citi e Wells Fargo (NYSE:WFC) che hanno previsto ricavi superiori al consenso per il 2025. Altri segnali positivi provengono dal settore immobiliare, con un incremento del 33% nelle richieste di mutui dopo le festività e con il Philly Fed Manufacturing Index che ha raggiunto il livello più alto da aprile 2021. A livello societario, l’attività di M&A rimane vivace nei settori biopharma, attrezzature a noleggio e minerario globale.
Donald fa rima con volatilità?
L’elezione di Donald Trump come 47° presidente degli Stati Uniti potrebbe introdurre volatilità nei mercati, con potenziali aumenti dei dazi fino al 25% su Cina, Canada e Messico, insieme a incrementi tariffari più ampi su tutte le importazioni. Gli investitori in settori multinazionali e ad alta esposizione alle esportazioni sono invitati a monitorare attentamente queste dinamiche. I dazi potrebbero spingere l’inflazione verso l’alto, forzando la Fed a rivedere la sua politica monetaria con potenziali rialzi dei tassi. Sul fronte fiscale, i piani di spesa ambiziosi di Trump potrebbero sostenere un rafforzamento del dollaro nel breve termine, seguito da una possibile svalutazione con l’intensificarsi delle preoccupazioni inflazionistiche. Nigel Green, CEO di deVere Group, ha avvertito che le modifiche alle catene di approvvigionamento e i rischi geopolitici richiedono agli investitori una gestione attenta dei portafogli, soprattutto nei settori più esposti a shock tariffari e regolatori.
Inizia veramente l’età dell’oro? Le borse europee hanno chiuso in rialzo, con lo STOXX 600 a +0,1%, il FTSE 100 a +0,2%, il DAX a +0,4% e il CAC 40 a +0,3%. In controtendenza, il FTSE MIB ha registrato un calo dello 0,34%. Con Wall Street chiusa per festività, i mercati europei hanno tratto beneficio dalla stabilità dei rendimenti obbligazionari e dai toni accomodanti emersi durante il weekend. La membro del board della BCE Isabel Schnabel ha espresso sostegno a ulteriori tagli dei tassi, sebbene con un approccio cauto, mentre Holzmann ha sottolineato che un taglio a gennaio non è garantito. In Cina, il governo ha mantenuto invariati i tassi LPR a 1 e 5 anni, come previsto, mentre la politica monetaria più morbida della PBOC e i commenti favorevoli del governatore Pan Gongsheng alimentano la speculazione su futuri allentamenti, nonostante le preoccupazioni sulla debolezza dello yuan e l’impegno di Xi Jinping per la stabilità valutaria.
Focus sull’inflazione
Negli Stati Uniti, il focus resta sull’inflazione, con il core CPI di dicembre che ha segnato il ritmo più lento per i servizi dal marzo 2022, rafforzando le aspettative per 3-4 tagli dei tassi nel 2025, come indicato dal membro della Fed Waller. Inoltre, i mercati obbligazionari hanno beneficiato dei dati macro e di prospettive meno aggressive da parte della banca centrale. I primi risultati della stagione degli utili hanno visto le banche statunitensi fornire indicazioni positive, con JPMorgan, Citi e Wells Fargo (NYSE:WFC) che hanno previsto ricavi superiori al consenso per il 2025. Altri segnali positivi provengono dal settore immobiliare, con un incremento del 33% nelle richieste di mutui dopo le festività e con il Philly Fed Manufacturing Index che ha raggiunto il livello più alto da aprile 2021. A livello societario, l’attività di M&A rimane vivace nei settori biopharma, attrezzature a noleggio e minerario globale.
Donald fa rima con volatilità?
L’elezione di Donald Trump come 47° presidente degli Stati Uniti potrebbe introdurre volatilità nei mercati, con potenziali aumenti dei dazi fino al 25% su Cina, Canada e Messico, insieme a incrementi tariffari più ampi su tutte le importazioni. Gli investitori in settori multinazionali e ad alta esposizione alle esportazioni sono invitati a monitorare attentamente queste dinamiche. I dazi potrebbero spingere l’inflazione verso l’alto, forzando la Fed a rivedere la sua politica monetaria con potenziali rialzi dei tassi. Sul fronte fiscale, i piani di spesa ambiziosi di Trump potrebbero sostenere un rafforzamento del dollaro nel breve termine, seguito da una possibile svalutazione con l’intensificarsi delle preoccupazioni inflazionistiche. Nigel Green, CEO di deVere Group, ha avvertito che le modifiche alle catene di approvvigionamento e i rischi geopolitici richiedono agli investitori una gestione attenta dei portafogli, soprattutto nei settori più esposti a shock tariffari e regolatori.