Mercoledì, la pubblicazione di dati deludenti negli USA ha aiutato l’EUR/USD a stabilizzarsi sopra la soglia a 1,10. Il PMI servizi di Markit è sceso sotto la soglia dei 50 punti, ciò significa che il settore si è contratto rispetto al mese precedente, si è attestato infatti a 49,8 punti rispetto ai 53,5 del rilevamento precedente e delle previsioni medie. È la prima volta da più di due anni che il settore subisce una contrazione. Il PMI composito ci è andato vicinissimo, l’indice si è attestato a 50,1 punti, in calo rispetto ai 53,2 di gennaio. La debolezza di questi dati rafforza la nostra idea che l’economia USA stia attraversando una fase di rallentamento perché la domanda globale rimane debole e intanto crescono le incertezze sul futuro. Tuttavia, non crediamo che l’economia statunitense sia sull’orlo della recessione, potrebbe trattarsi di una battuta d’arresto temporanea. Dal punto di vista tecnico, i livelli 1,0965-1,0977 (67,8% di Fibonacci sul rally di gennaio e febbraio, e media mobile a 50 giorni) dovrebbero continuare a sostenere l’EUR/USD; al rialzo, la prima resistenza giace a 1,1050 (massimo precedente e 50% di Fibonacci), la seconda a 1,1150. In avvio di seduta, l’USD/JPY ha guadagnato lo 0,64% in Asia, per poi tornare rapidamente a 112 perché la propensione al rischio fa fatica a prendere quota. Mercoledì la coppia ha testato, per la prima volta dall’11 febbraio, il supporto a 111. La coppia dovrebbe rimanere sopra quel livello, il mercato non riesce a trovare delle motivazioni valide per far salire ulteriormente la coppia; dopotutto, si prevede che la BoJ allenti ulteriormente la sua politica monetaria. Al rialzo, una resistenza giace a 113,39 (massimo 22 febbraio), cui segue 114,87 (massimo 16 febbraio). Nella notte i prezzi del greggio sono scesi lievemente, dopo essere lievitati di circa il 5% a Wall Street. Il greggio West Texas Intermediate (WTI) ha ceduto lo 0,78%, attestandosi a 31,90 USD al barile, il suo omologo del Mar del Nord, il Brent, è calato dello 0,58% a 34,21 USD. In Australia, la spesa annua prevista di capitale privato è calata bruscamente, raggiungendo i minimi da nove anni, perché le industrie australiane non legate all’attività estrattiva hanno tagliato inaspettatamente la spesa. Di conseguenza, il dollaro australiano è stato venduto a Sydney, l’AUD/USD ha ceduto lo 0,20%, attestandosi a 0,7160. Ci sorprenderebbe un ritorno della coppia ai minimi di gennaio intorno a 0,6850. Per quanto riguarda i mercati azionari, gran parte delle piazze regionali asiatiche ha imitato l’andamento positivo di Wall Street, dove l’S&P 500 ha guadagnato lo 0,44%, il Nasdaq 100 lo 0,87% e il Dow Jones 30 lo 0,32%. Cionondimeno, i titoli della Cina continentale sono calati pesantemente, dopo aver guadagnato più del 10% dalla fine di gennaio. Nella notte gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen hanno ceduto rispettivamente il 6,41% e il 7,34%, mentre sulle piazze off-shore l’Hang Seng di Hong Kong è scivolato dell’1,64%. Altrove, i titoli si sono mossi in territorio positivo, gli indici giapponesi hanno guadagnato più dell’1%, il Nikkei l’1,41% e il Topix è balzato dell’1,79%, il Taiex di Taiwan ha chiuso in rialzo dell’1%. In Europa, i future sui listini azionari puntano a un’apertura in rialzo grazie al diffondersi degli umori positivi. I futures sui listini USA sono contrastati. Oggi gli operatori monitoreranno l’IPP e il PIL in Spagna; la produzione industriale in Svizzera; l’IPP in Svezia; la fiducia dei consumatori e le vendite al dettaglio in Italia; l’IPP in Sudafrica; i consumi personali, la spesa pubblica, le esportazioni, le importazioni, e gli investimenti delle aziende nel Regno Unito; l’IPC nell’Eurozona; il tasso di disoccupazione e la raccolta del gettito fiscale in Brasile; l’IPC e le riserve di oro e valuta straniera in Russia; le domande iniziali di disoccupazione, gli ordini di beni durevoli, l’indice FHFA sui prezzi delle abitazioni negli USA; la bilancia commerciale in Nuova Zelanda (in serata). |