Dall’ultima serie di dati economici dagli USA emerge che il settore manifatturiero è ancora in difficoltà. Nonostante le solide cifre complessive – ad aprile gli ordinativi di beni durevoli USA sono balzati del 3,4% m/m, superando lo 0,5% delle previsioni medie, e il dato del mese scorso è stato rivisto dallo 0,8% all’1,9% - i dettagli non sono brillanti. Infatti, il brusco aumento degli ordini di beni durevoli è dovuto principalmente alla forte domanda di mezzi di trasporto, soprattutto di aeromobili non destinati alla difesa, veicoli e altri mezzi motorizzati.
L’indicatore al netto degli aeromobili è salito dello 0,4% m/m, a fronte dello 0,3% previsto.
Ad aprile, però, gli ordini di beni strumentali, esclusi gli aeromobili – una variabile per i piani di spesa aziendali – si sono contratti dello 0,8%, deludendo il previsto rialzo pari al +0,3%.
In fin dei conti, i dati suggeriscono che l’industria manifatturiera continua a soffrire a causa della debolezza della domanda globale e le cose non sembrano sul punto di migliorare.
Sull’onda della notizia, il biglietto verde ha ceduto terreno, per poi risalire sui livelli iniziali. L’EUR/USD è balzato dello 0,50% a 1,1217, per poi scendere di nuovo lievemente sotto il livello a 1,12. Si osserva un supporto a 1,1129, mentre al rialzo una resistenza giace a 1,1315 (38,2% di Fibonacci sulla svalutazione di aprile-maggio).
In Giappone, lo yen ha continuato a muoversi lateralmente perché le cifre sull’inflazione di aprile hanno rispettato grossomodo le attese del mercato. L’IPC si è contratto allo 0,3% a/a, in calo del -0,1% del mese scorso ma superando le previsioni medie, pari al -0,4% a/a. L’indicatore sull’inflazione preferito dalla BoJ, ovvero l’indice che esclude i generi alimentari deperibili, si è contratto dello 0,5%, deludendo l’atteso -0,4% e scendendo sotto la cifra del mese scorso, pari al -0,3%.
Non ci sorprenderebbe, dunque, se la BoJ posticipasse di nuovo la tempistica per il raggiungimento dell’obiettivo d’inflazione. Da ieri la coppia USD/JPY si muove all’interno della fascia compresa fra 109,42 e 110,21. Manteniamo il nostro giudizio rialzista.
I prezzi del Petrolio Greggio sono crollati sulla soglia a 50 USD, perché gli operatori si chiedono se l’attenuazione dell’eccedenza di offerta è destinata a durare. Il greggio Brent ha ceduto lo 0,73% a Tokyo, attestandosi a 49,23 USD al barile, mentre il WTI è sceso dello 0,63% a 49,17 USD.
Nonostante il calo del greggio, le valute legate alle materie prime sono rimaste pressoché invariate, ad eccezione del dollaro canadese, che ha ceduto lo 0,20% contro il biglietto verde. Ieri, a New York, l’USD/CAD ha raggiunto il livello a 1,30, in rialzo da 1,2911. Il dollaro australiano ha ceduto un marginale 0,04%, il dollaro neozelandese e la corona norvegese sono rimasti invariati.
Sul mercato azionario, gli indici regionali asiatici si sono mossi in territorio positivo in modo generalizzato. In Giappone, il Nikkei ha guadagnato lo 0,37%, il più ampio indice Topix lo 0,53%. Nella Cina continentale, l’indice CSI 300 ha chiuso in rialzo dello 0,07%. A Hong Kong, l’Hang Seng è salito dello 0,73%. L’indice australiano S&P/ASX ha guadagnato lo 0,33%. In Nuova Zelanda, l’indice NZX ha fatto registrare un rialzo dello 0,64%. In Europa, i future sui listini azionari sono contrastati.
Oggi gli operatori monitoreranno le vendite al dettaglio in Spagna e Svezia; la fiducia di consumatori e imprese in Italia; il PIL, i consumi personali, l’indice PCE core e l’indice sul sentiment del Michigan negli USA.